Andrea Dogliani è il protagonista della vicenda, multato per aver abbassato la mascherina per rispondere e parlare al telefono. Multa di 400 euro.
Quando Andrea Dogliani ha visto avvicinarsi due vigili al suo scooter ha pensato a un controllo stradale e non si è preoccupato. Stava lavorando, nella vita si occupa di consegna per una azienda di logistica e giovedì pomeriggio è arrivata la brutta sorpresa.
Secondo gli agenti della polizia municipale, Andrea ha violato le prescrizioni dell’ultimo Dpcm e per questo è del tutto lecita la sanzione di 400 euro per lui.
Andrea, incredulo, ha provato a giustificarsi con gli agenti, ma i due vigili sono stati irremovibili contestandogli di aver «violato l’obbligo di indossare un dpi in un luogo aperto». La vicenda deve ancora essere chiarita, sono in corso accertamenti per verificare come sia andate le cose, ma per il momento Andrea, 33enne torinese, non ha neppure firmato il verbale.
L’intervista ad Andrea, fa emergere quel velo di rabbia e incredulità.
Andrea, farà ricorso?
«Certamente. Primo perché 400 euro di questi tempi sarebbero l’ennesima batosta e poi perché ritengo di non aver violato nessuna normativa».
Ci racconta la sua versione?
«Erano le 18, non stavo lavorando e stavo percorrendo corso Moncalieri. A un certo punto ho sentito squillare il cellulare e così mi sono fermato proprio di fronte alla Gran Madre. Nel frattempo la telefonata si era interrotta e sono sceso dallo scooter per controllare il messaggio sul display e richiamare».
Una manovra che richiede pochi secondi, quindi. Dopo quanto tempo è arrivata la polizia municipale?
«Pochissimo. Erano lì vicino e dopo un attimo si sono presentati e mi hanno chiesto i documenti. Solo quelli personali, però, il libretto dello scooter o l’autocertificazione, non li hanno neppure voluti vedere».
In quel momento lei indossava la mascherina?
«No, ero appena sceso dalla moto. Peraltro avevo ancora il casco indossato, semplicemente l’avevo sollevato perché, essendo integrale, non riesco a infilare il telefono. Ovviamente per prepararmi a parlare mi sono abbassato anche lo scaldacollo, ma la piazza era praticamente deserta. I locali erano già chiusi e vicino a me non c’era nessuno. Io avevo i piedi a terra ed ero appoggiato lateralmente al ciclomotore».
A quel punto che cosa ha fatto?
«Ho pensato a uno scherzo. Li ho invitati a controllare la marmitta ancora calda per dimostrare che mi ero davvero fermato solo pochi istanti prima, ma non c’è stato verso. Mi hanno detto che prima di scendere dal mezzo avrei dovuto indossare correttamente il Dpi sul volto e che non avendolo fatto ero sanzionabile. Al più anziano dei due ho mostrato le cinque mascherine che porto sempre con me nel bauletto e le altre che tengo nel cruscotto, ma non c’è stato nulla da fare. Non capisco davvero questo accanimento, soprattutto in un periodo come questo. Che per me, in particolare, è davvero molto difficile».
Cosa le è successo?
«Io ho sempre lavorato nell’ambito della ristorazione e fino al 31 ottobre facevo il cameriere in un noto ristorante della collina. Con la chiusura si prospettava di nuovo la cassa integrazione: 650 euro su uno stipendio da 1700 euro. Che con il primo lockdown mi sono arrivati dopo 5 mesi. Così ho deciso di licenziarmi e accettare un contratto a tempo determinato per una società di logistica. Faccio il driver, consegno tutto il giorno e almeno fino a gennaio potrò pagarmi l’affitto».
Se paga la multa entro 5 giorni, però, potrebbe cavarsela con 280 euro. Lo farà?
«No, è anche una questione di principio. Io non ho commesso nessuna infrazione e sarebbe bastato un po’ di buon senso per evitare tutto questo. Farò ricorso, un ragazzo ha visto tutta la scena da lontano ed è disposto a testimoniare».
Il verbale non l’ha firmato, ma ha voluto dire la sua. Che cosa ha scritto?
«Che sotto il casco la mascherina non posso metterla. La verità».