Abbiamo parlato a lungo del bonus per i figli di età compresa tra 0 e 21 anni annunciata dal Presidente Conte nell’ultima Conferenza Stampa: una misura di sostegno economico destinata ai genitori.
Si tratta di una somma in denaro o di un credito d’imposta da utilizzare in compensazione per le famiglie. Per i figli successivi al secondo, l’importo dell’assegno viene maggiorato del 20%, così come avviene anche per i figli disabili. La cifra dell’assegno universale è parametrata all’Isee ma anche all’età dei figli a carico. Non concorre, comunque, a formare il reddito familiare né vale per il calcolo del reddito necessario per il riconoscimento delle prestazioni sociali a sostegno del reddito.
L’assegno universale è, di fatto, un riordino e una semplificazione di tutte le misure di sostegno economico per i genitori con figli a carico. Verrà corrisposto mensilmente a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al 21esimo anno di età per ogni figlio. Per i figli disabili il limite dei 21 anni viene superato.
Un progetto a lungo termine. Che prevede un un assegno unico “ai nuclei familiari con figlie e figli, secondo criteri di progressività basati sull’applicazione di indicatori della situazione economica equivalente (ISEE)” tenendo conto anche del numero dei figli. Il ministro della Famiglia Elena Bonetti preferisce non usare il termine “bonus” perché, ha spiegato in un’intervista a ‘Il Mattino’, parliamo di “una misura in grado di dare stabilità alle famiglie e consentire loro di fare scelte di educazione e formazione che oggi molte di loro non sono in grado di sostenere sul piano economico”.
In effetti il Family Act ha almeno un paio di peculiarità che lo distinguono dai vari bonus introdotti dagli ultimi governi:
-È una misura che anziché complicare l’attuale quadro normativo, va a semplificarlo (almeno nelle intenzioni del governo).
-Non dovrebbe avere limiti ISEE, sebbene l’importo dell’assegno sarà diverso a seconda delle fasce di reddito.
Con il Family Act il governo intende mettere la mani sue due problemi che il Paese si trascina avanti da tempo: quello della denatalità e quello dell’occupazione femminile. Il provvedimento è già passato al vaglio della Commissione alla Camera e il 16 luglio andrà al voto. “Contiamo in autunno – ha detto la ministra al ‘Mattino’ – di emanare i decreti attuativi per far partire l’assegno unico e universale da gennaio 2021. Maggiorato per il terzo figlio, sosterrà tutte le famiglie mese dopo mese, dalla nascita del bambino fino a quando compirà 21 anni“.
A Coffee Break, su La7, il ministro ha di recente definito il Family Act la “prima riforma strutturale integrata delle politiche familiari nel nostro Paese”.
Il problema è il costo – non indifferente – della misura: quindici miliardi di euro. “L’assegno – ha spiegato Bonetti – rientrerà nell’ambito della riforma fiscale” ma, ha ammesso il ministro, “serviranno risorse aggiuntive”. Parte delle coperture dovrebbe essere garantito dal riordino dei bonus esistenti che saranno cancellati e accorpati in un unico assegno. L’intenzione è comunque quella di garantire che rispetto alle misure di sostegno attuali nessuno prenda meno.
Secondo ‘Repubblica’ all’appello dovrebbero mancare circa 7 miliardi di euro. Bonetti ha spiegato che “serviranno certamente anche altre risorse, soprattutto recuperandole dall’evasione fiscale“. È però molto più probabile che se la riforma andrà davvero in porto il governo decida di fare ampio ricorso al deficit, come è avvenuto molte volte nell’ultima legislatura.
Quanto agli importi non c’è nulla di deciso. La proposta del Pd era quella di garantire un assegno unico di almeno 240 euro al mese a nucleo familiare. “Si era fatta un’ipotesi fra 200 e 250 euro, in una prima simulazione” ha ammesso Bonetti ad ‘Agorà’ sulla Rai, senza però sbilanciarsi. “Non abbiamo prefissato una cifra – ha sottolineato – ogni mese le famiglie riceveranno una somma per ciascun figlio, dalla nascita fino ai 21 anni, con una maggiorazione dal terzo figlio e in caso di figli disabili, dal 30% al 50%, estesa a tutto l’arco della vita”.