Diritti e doveri

Batosta INPS: niente pensione di reversibilità se il marito non aveva questo numero di anni di contributi

La pensione di reversibilità è un trattamento pensionistico riconosciuto in caso di decesso del pensionato (pensione di reversibilità) o dell’assicurato (pensione indiretta) in favore dei familiari superstiti.

La pensione di reversibilità è pari ad una quota percentuale della pensione del dante causa.

Hanno diritto al trattamento pensionistico in quanto superstiti:

  • il coniuge o l’unito civilmente;
  • il coniuge separato;
  • il coniuge divorziato a condizione che sia titolare dell’assegno divorzile

Nel caso in cui il dante causa abbia contratto nuovo matrimonio dopo il divorzio, le quote spettanti al coniuge superstite e al coniuge divorziato sono stabilite con sentenza dal Tribunale.

  • I figli minorenni alla data del decesso del dante causa ;
  • I figli inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso, indipendentemente dall’età;
  • I figli maggiorenni studenti, a carico del genitore al momento del decesso

Possono ottenere la pensione di reversibilità, anche altri familiari del deceduto, a patto che non siano presenti mogli o figli. Potranno ottenere l’assegno di reversibilità

-i genitori dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione e risultino a carico del lavoratore deceduto;

-i fratelli celibi e sorelle nubili dell’assicurato o pensionato che al momento della morte di quest’ultimo siano inabili al lavoro, non siano titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto.

Dopo aver fatto questa premessa, è opportuno specificare che nono tutti, dopo la propria morte, lasceranno agli eredi la pensione di reversibilità.

La pensione di reversibilità sarà concessa ai famigliari del defunto che aveva un numero sufficiente di contributi versati. Scopriamo nel dettaglio.

Niente pensione di reversibilità se il marito non aveva questo numero di anni di contributi

Affinché possa esserci il riconoscimento di una pensione di reversibilità – o indiretta – per i superstiti dell’assicurato, è necessario che quest’ultimo, prima di morire, abbia già raggiunto un certo numero di anni di contributi.

Non è infatti possibile, ottenere una pensione indiretta, qualora l’assicurato avesse maturato un numero di contributi inferiore rispetto a quanto stabilito dalla normativa INPS.

In linea generale, la pensione di reversibilità non spetta mai alla famiglia se il defunto non aveva mai versato contributi.

In secondo luogo, la pensione indiretta di reversibilità viene riconosciuta solo a chi ha versato un certo numero di contributi, ossia alternativamente:

15 anni di anzianità assicurativa e contributiva;
5 anni di anzianità assicurativa e contributiva di cui almeno 3 anni nel quinquennio precedente alla data del decesso.

Nel caso in cui non si soddisfino questi requisiti, non si potrà ottenere la pensione di reversibilità; ma la buona notizia è che i pochi contributi versati all’Inps, non vanno comunque persi, in quanto i superstiti possono accedere all’indennità di morte.

l’Indennità di morte

Indennità di morte. Ma quanto spetta? Il calcolo differisce a seconda del regime di calcolo in cui rientrava l’assicurato. Nel dettaglio:

regime retributivo o misto, ossia per gli assicurati già prima del 1° gennaio 1996: l’importo dell’indennità di morte è pari a 45 volte l’ammontare dei contributi IVS versati in favore dell’assicurato, nel limite minimo di 22,31 euro e di massimo 66,93 euro.

In questo caso, tuttavia, il diritto all’indennità di morte è riconosciuto a condizione che nei 5 anni antecedenti alla data della morte dell’assicurato, in favore di questo risulti essere accreditato almeno un anno di contribuzione.

Tale prestazione spetta al coniuge superstite dell’assicurato per il quale non sussiste il diritto alla pensione indiretta. In mancanza del coniuge tale assegno spetta ai figli;

-regime contributivo, ossia per gli assicurati successivamente al 1° gennaio 1996: in questo caso l’indennità di morte ha un valore pari all’importo dell’assegno sociale moltiplicato per il numero di anni di contributi del dante causa.

Per avere diritto all’indennità di morte, tuttavia, l’erede deve avere un reddito inferiore alle soglie annualmente previste per beneficiare dell’assegno sociale.

L’indennità di morte viene sempre calcolata tenendo conto sia dei contributi versati nell’Ago (assicurazione generale obbligatoria) che nella gestione separata, come pure nelle forme ad esse esclusive, esonerative o sostitutive.

In entrambi i casi è necessario presentare domanda per l’indennità di morte: tuttavia, mentre per gli assicurati che rientrano nel regime di calcolo misto o retributivo c’è tempo 1 anno dalla morte per avanzare richiesta, nel caso dei contributivi puri la richiesta andrà avanzata entro 10 anni dal decesso.

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