REGGIO CALABRIA: Pochi giorni fa, il Papa ha compiuto un bellissimo gesto nei confronti di una donna che lo scorso anno è stata bruciata viva dal proprio marito. La donna in questione è Maria Antonietta Rositani.
L’uomo, Ciro Russo, attualmente agli arresti, è stato condannato il mese scorso a 18 anni di reclusione per tentato omicidio
Attraverso l’Elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski, papa Bergoglio ha fatto pervenire un biglietto a Maria Antonietta, in cui lo stesso Krajewski manifesta “vivo sgomento” per “l’orrenda storia di cieca violenza” che la donna “ha subito dall’ex marito“.
“Papa Francesco mi ha incaricato – scrive il cardinale – di assicurare la Sua vicinanza nella preghiera e nel contempo di farle pervenire l’unito rosario da Lui benedetto”.
La signora Rositani si è molto commossa nel ricevere il messaggio da Papa Bergoglio ed il gesto è stato per lei motivo di speranza e comprensione, di sostegno, ha dichiarato: “sono rimasta molto commossa nel sapere che sono nelle preghiere del nostro Papa e lo ringrazio tanto. Pregherò con il rosario che egli stesso mi ha inviato. Sono stati attimi di vera emozione, grazie Papa Francesco!”.
Vent’anni di urla, insulti, schiaffi, calci subiti in silenzio per paura e per amore, sperando che lui un giorno potesse cambiare. Poi la forza di denunciare quando è toccato anche a sua figlia essere vittima della violenza. E quando finalmente un processo per maltrattamenti in famiglia viene avviato, l’ex marito, Ciro Russo, condannato anche in appello, dopo aver ottenuto i domiciliari evade dall’abitazione dei suoi genitori ad Ercolano per raggiungere Reggio Calabria e dare alle fiamme la compagna di una vita e madre dei suoi figli. Maria Antonietta Rositani, 42 anni, ricoverata da 8 mesi al Policlinico di Bari per le ustioni riportate sul 50% del corpo, che in un’intervista all’AGI ricorda quel giorno: “Il 12 marzo di quest’anno alle 6 del mattino squilla il telefono di casa – racconta – Mi alzo dal letto spaventata perché, visto l’orario, penso sia successo qualcosa ai miei familiari. Invece, una voce, coperta da fruscii e rumori, mi inonda di parolacce. Attacco ma richiama. Questa volta la voce è nitida. È lui”.
“Metto fuori posto il telefono, ma mi chiama anche al cellulare e continua a insultarmi. Lo spengo ed esco di casa per accompagnare a scuola i miei due figli. Al ritorno vengo informata che il mio ex marito è evaso. Proprio quel giorno doveva essere emessa la sentenza per l’affidamento del mio figlio più piccolo. Mentre mi sto precipitando dai carabinieri, la mia auto viene speronata bloccandomi l’uscita dal lato guida. Capisco subito che è lui. Prendo il cellulare mentre la mia macchina sta finendo contro un muro e chiamo la polizia per dire che il mio ex mi sta per ammazzare, comunicando in fretta la via in cui mi trovo. A quel punto lancio il cellulare perché nel frattempo vedo il suo volto: guardandomi negli occhi getta benzina e appicca il fuoco all’interno dell’auto dal lato passeggero, dove si trova il cagnolino che avevo regalato dopo l’arresto del padre a mio figlio, e per lui compagnia importantissima che morirà due giorni dopo. Cominciano le fiamme, apro la portiera lato passeggero e per uscire vado contro di lui che mi butta addosso la benzina dicendomi ‘muori'”.
“Sento una forza incredibile – prosegue Maria Antonietta – che mi viene dall’amore nei confronti dei miei figli e che mi fa scappare, fermarmi a bere l’acqua di una pozzanghera, che uso anche per tamponarmi un pò le fiamme, e spogliarmi degli abiti che bruciano. Anche lui, ma da vile e codardo, scappa. Lo arresteranno il giorno dopo vicino a una pizzeria dove tranquillamente aveva acquistato della pizza che stava mangiando, in pieno centro a Reggio Calabria, distante pochissimi metri dal Comando provinciale dei carabinieri. Questo dimostra quanto sia spavaldo“. Da qui il secondo calvario di Maria Antonietta: 200 volte in sala operatoria tra interventi e medicazioni, a luglio una settimana di coma e un mese in rianimazione in seguito a serie complicanze, ora in terapia intensiva. Il suo corpo completamente fasciato, mobilità ridotta, dolori a causa di ferite ancora aperte.