A tre giorni dalla beatificazione del quindicenne Carlo Acutis, ad Assisi si respira un clima di grazia e di festa per questo giovane “beato millennial”, “innamorato dell’Eucaristia”: come l’ha definito Papa Francesco all’Angelus di domenica scorsa. In Umbria comprendere la storia del giovane Carlo, animata dall’amicizia con Gesù, dall’amore per Maria e dalla dedizione verso i poveri.
A raccontare la sua storia è Antonia Salzano, mamma di Carlo Acutis, che rivive una forte emozione rivedendo il corpo di suo figlio dopo 14 anni dalla sua morte, avvisata degli esperti che il giovane adolescente ha gli organi quasi intatti. Il 10 ottobre Carlo Acutis, morto nel 2006 a 15 anni per una leucemia fulminante, è stato proclamato Beato nella Basilica di San Francesco: “In quella circostanza sarà esposto il cuore di Carlo, da sempre legato al mistero dell’Eucarestia”.
Quando si ammalò di leucemia fulminante un medico gli fece una domanda: “Perché sorridi?”. Rispose che nel mondo c’era gente che stava soffrendo più di lui. Carlo Acutis è morto a 15 anni ma nella sua breve vita è stato una luce che ha lasciato un’enorme scia dietro di sé, un ragazzo che, con pochi mezzi e l’entusiasmo della sua giovinezza, ha dedicato tutto se stesso a fare del bene.
Carlo a 10 anni usciva in bicicletta e si fermava a parlare con i clochard che incontrava sulla sua strada, ma non si limitava a questo, usava i suoi risparmi per offrire loro cibo e sacchi a pelo sempre accompagnati da un sorriso sincero e dalla sua amicizia. Carlo aveva una mente brillante e un grande talento per la tecnologia, leggeva da solo i testi di ingegneria informatica comprati dai suoi genitori al Politecnico ed era in grado, malgrado la sua giovane età, di creare siti web che usava per avvicinare i giovani alla fede e al volontariato.
La sua esistenza così virtuosa si è interrotta all’improvviso il 12 ottobre 2006, spezzata da una malattia che, in circa 4 giorni, non gli ha lasciato scampo, ma che fino all’ultimo respiro non ha potuto spegnere il suo amore per la vita.
È il primo «millennial» a essere beatificato: la sua salma è stata composta e poi esposta al pubblico in tuta e scarpe da ginnastica. Carlo è anche il primo beato ad aver avuto in vita sua un profilo social su Facebook, attraverso il quale ha dato testimonianza della sua profonda fede. Da lì raccontava di sentire la presenza di Gesù «come un amico e «una persona viva».
Molte le persone che dicono di aver ricevuto dei miracoli da Carlo. A raccontare uno dei miracoli è sua madre:
«Quello che vi racconto è uno dei miracoli fatti dal mio Carlo. Quello che lo farà proclamare beato accadde in Brasile nel settimo anniversario della morte, il 12 ottobre 2013, a Campo Grande. Matheus, 6 anni, era nato con il pancreas biforcuto e non riusciva a digerire alimenti solidi. Padre Marcelo Tenório invitò i parrocchiani a una novena e appoggiò un pezzo di una maglia di Carlo sul piccolo paziente, che l’indomani cominciò a mangiare. La Tac dimostrò che il suo pancreas era divenuto identico a quello degli individui sani, senza che i chirurghi lo avessero operato. Una guarigione istantanea, completa, duratura e inspiegabile alla luce delle attuali conoscenze mediche».
-Antonio una notte si sveglia assetato. Prende dell’acqua ghiacciata, beve, ma in pochi istanti, il sangue va tutto allo stomaco. Un capogiro, cade sbattendo la testa. Starà in ospedale tre mesi, cercando di reimparare tutto quello che il suo cervello ha dimenticato. Ha 15 anni, è il 2008, piena ribellione adolescenziale, ma lì nel letto d’ospedale una sera prende il Rosario in mano, chissà che non lo aiuti per ricominciare a sperare nel futuro. Si addormenta così, e sogna: un ragazzo con una polo rossa (Carlo) che gli dice di non temere, guarirà presto. Gli chiede anche di continuare qualcosa che ha iniziato lui. E per farlo lo accompagnerà dal cielo. Solo un sogno curioso, se non fosse che nel giro di un giorno riprende tutte le sue funzioni e viene dimesso. Chi sia quel ragazzo lo capirà solo un mese più tardi, quando per posta gli arriva un pacco “promozionale” con del materiale sulla vita di un certo Carlo Acutis.
-Flavio abita vicino a Todi. Per lavoro deve cercare il contatto con una persona di Bastia Umbra. Va su Facebook. Con quel nome escono tanti profili, ma mentre cerca il suo cliente, una foto profilo lo colpisce: è di un ragazzo (quella di Carlo). Ha una polo rossa, e una scritta: “Eucaristia, autostrada per il cielo”. Strano, il profilo è di un settantenne… Cerca nelle altre foto. Scopre che questo ragazzo è sepolto ad Assisi. Todi non è lontana. Per due volte va al cimitero, ma lo trova chiuso. Poi anche lui un sogno: è papa Francesco che visita proprio quella tomba. E il giorno successivo davvero il Pontefice è ad Assisi. Flavio segue dal televisore. Verso sera di colpo un pensiero: riprovare al cimitero. Arriva al tramonto. Nel cielo, un arcobaleno lo porta diretto davanti alla tomba di Carlo. A sessant’anni, dopo trenta lontano dalla fede, Flavio scoppia in un pianto liberatorio, sulle spoglie mortali di quel ragazzo che è andato a “prenderlo” su Facebook.
La mamma rivela però un altro particolare: “Incredibilmente anche gli organi sono rimasti quasi intatti: sono stati prelevati e saranno adesso oggetto di reliquia, come prevede la Chiesa cattolica. In particolare il cuore di Carlo è stat esposto il 10 ottobre in Basilica durante la cerimonia di beatificazione“. La donna ha raccontato di aver ritrovato il figlio sereno, proprio come lo aveva lasciato: “Quando è entrato in coma ha fatto un bellissimo sorriso, io pensavo che dormisse. È morto sereno“.
«Sembrava una banale influenza. Dopo alcuni giorni comparvero forte astenia e sangue nelle urine. Lui se ne uscì con una delle sue frasi: “Offro queste sofferenze per il Papa, per la Chiesa e per andare dritto in paradiso senza passare dal purgatorio”, ma in famiglia non vi demmo troppo peso. Chiamai il professor Vittorio Carnelli, che era stato il suo pediatra. Ci consigliò l’immediato ricovero nella clinica De Marchi. E lì avemmo la diagnosi infausta: leucemia mieloide acuta M3. Carlo ne fu informato dagli ematologi. Reagì con dolcezza e commentò: “Il Signore mi ha dato una bella sveglia”. Fu trasferito all’ospedale San Gerardo di Monza. Appena giuntovi, scosse la testa: “Da qui non esco vivo”».