Anche se la Cina sembrava essere fuori dall’incubo Coronavirus, in realtà, ci sono diversi contagi che nell’ultima settimana stanno aumentando presso Pechino e la popolazione ha paura di una seconda ondata. A Pechino il livello di allarme in città è alle stelle.
I numeri sono ancora limitati, ma ad oggi si registrano 158 casi accertarti e si pensa che molti siano asintomatici.
Dopo aver alzato il livello di allarme in città al secondo più alto e richiuso tutte le scuole, le autorità hanno cancellato la maggior parte dei voli in uscita dagli aeroporti della capitale, sempre più bloccata (sebbene non ancora in “lockdown”) e ora anche isolata dal resto del Paese.
Questa volta, secondo i cinesi, a far riemergere il Coronavirus in una città dove tutto sembrava ritornato alla normalità, non sono i pipistrelli, ma il prelibato salmone che arriva dall’Europa e che loro amano molto.
I cinesi, sono più che convinti, perchè hanno travato tracce sui taglieri di salmone al mercato di Xinfadi, e non su altri pesci venduti. Casualità? Secondo loro no, il colpevole è proprio il prelibato salmone importato dall’Europa e venduto in tutto il territorio cinese.
I supermercati di Pechino lo hanno eliminato dagli scaffali, gettando intere confezioni di salmone norvegese affumicato nella spazzatura. Alcuni ristoranti lo hanno tolto dal menù. Quelli che non possono, come i sushi giapponesi, hanno visto la loro clientela sparire. Improvvisamente, la Cina ha paura del salmone, specie di quello che arriva dall’estero e dall’Europa.
La Cina, scrive il South China Morning Post, ha sospeso le importazioni di salmone dai fornitori europei. Che sia colpa di questo pesce o no, per cautela, il salmone è sparito dalle tavole dei cittadini nel giro di poche ore.
Tutto mentre i media ufficiali cinesi rilanciavano notizie secondo cui il nuovo ceppo di Pechino sembrerebbe avere somiglianze con quello europeo ed essere «diverso» – come ha detto Wu Zunyou, capo degli epidemiologi cinesi del Centro di controllo e prevenzione delle malattie – da quello dell’epidemia dei mesi scorsi.
Gli scienziati sono poco convinti: secondo il parere di virologi ed epidemiologi, la seconda ondata a Pechino è stata «provocata dalla trasmissione da uomo a uomo» o da «un’infezione dovuta alla contaminazione di articoli e ambiente».
Dall’11 al 16 giugno i dati ufficiali parlano di 137 contagi accertati. Per Shi Guoqing, vice direttore del Centro d’emergenza del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie citato dall’agenzia ufficiale Xinhua, non ci sono prove per incriminare il salmone.
Salmone «contaminato» – ha detto – è stato trovato in alcuni siti interessati del mercato di Xinfadi, ma non è stata rilevata la presenza di coronavirus nel salmone prima dell’arrivo nelle aree contaminate.
Dal punto di vista scientifico l’ipotesi del salmone portatore di virus è molto improbabile, come hanno ammesso anche alcuni scienziati cinesi. E’ praticamente impossibile che il virus presente nel pesce in fase di pesca e poi congelato e trasportato, possa sopravvivere.
Le tracce del patogeno peraltro sono state trovate sul banco, non sul cibo, una ricostruzione molto più probabile è che qualcuno ci abbia tossito sopra.
Intanto la Norvegia si difende: ha affermato che il suo salmone non è stato la causa dell’epidemia di Covid19 che si è verificata nei giorni scorsi a Pechino, che ha portato allo stop delle vendite. «Il caso è in fase di risoluzione», ha dichiarato il ministro della pesca Odd Emil Ingebrigtsen. «Oggi stiamo lavorando ai dettagli e posso confermare che la questione sembra essere stata risolta».
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