Coronavirus, intervista a Conte: «È il periodo più a rischio, saranno settimane dure: stiamo uniti»
Coronavirus, intervista a Conte: «È il periodo più a rischio, saranno settimane dure: stiamo uniti». Le parole del premier che mettono ancora in guardia gli italiani.
A parlare apertamente nell’intervista al Corriere è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che decide di dare ancora linee guida necessarie per affrontare la pandemia che sta attraversando il paese: «Gli scienziati ci dicono che ancora non abbiamo raggiunto il picco. Non possiamo abbassare la guardia. Le polemiche? Una follia. Renzi parla male del governo all’estero? Sono sorpreso, ma non commento»
«Bisogna evitare in tutti i modi gli spostamenti non assolutamente necessari. È il momento dei sacrifici, delle scelte responsabili. Fin dall’inizio ho lavorato con spirito di unità, mettendo la salute al centro, il che credo spieghi quel 62% di consenso. Stiamo affrontando un’emergenza mai conosciuta dal Dopoguerra a oggi. La stragrande maggioranza degli italiani è consapevole che le regole servono a proteggere i nostri cari. Sono orgoglioso di guidare questa grandiosa comunità, che nel momento di massima difficoltà si ferma a cantare l’inno nazionale e a rivolgere un commosso applauso ai medici e agli infermieri che lavorano stremati in corsia».
L’Italia conta ormai 1.800 morti e la paura di rimanere contagiati è tanta.
«Se continueremo a rimanere a casa evitando contatti a rischio, saremo più efficaci nel contenere il virus. Gli scienziati ci dicono che non abbiamo ancora raggiunto il picco, queste sono le settimane più rischiose e ci vuole la massima precauzione. Non possiamo abbassare la guardia. È la sfida più importante degli ultimi decenni, per vincerla serve il contributo responsabile di 60 milioni di italiani».
La Lombardia lamenta assenza di posti letto e mascherine, Fontana sente il governo distante e chiama in soccorso Bertolaso. Come risponde alla sfida?
«Alimentare polemiche non è sterile, è folle. L’organizzazione della sanità è in mano alle Regioni. Non potendo, né volendo stravolgere il nostro assetto costituzionale, dobbiamo collaborare tutti insieme per rendere la risposta del sistema sanitario quanto più efficiente possibile. Bertolaso non lo conosco di persona, ma giudico positivo che la Regione sia affiancata da una persona che conosce la macchina organizzativa della Protezione civile. Ne uscirà agevolato il dialogo con la centrale che opera a Roma, sotto la direzione di Borrelli e Arcuri».
Fino a notte i ministri si sono divisi sui poteri della Protezione civile. Borrelli ha minacciato le dimissioni perché «commissariato» da Arcuri?
«Nessuna divisione sul ruolo della Protezione civile, che è essenziale per coordinare il supporto alle Regioni. Borrelli non lo conoscete bene, è una persona di grande competenza e dal cuore generoso. Sta già lavorando con Arcuri in modo proficuo, entrambi consapevoli di essere chiamati ad affrontare una sfida di enorme portata».
A morire non sono solo gli anziani, la fascia di età è molto più ampia di ciò che si pensava. Sarebbe opportuno fare tamponi a tappeto come in Corea?
«Dobbiamo attendere qualche settimana per verificare i risultati delle nostre decisioni, ispirate alle indicazioni del comitato tecnico-scientifico. Per il resto non servono nuovi divieti, ora è importante rispettare scrupolosamente quelli che ci sono. Le attività motorie sono consentite, ma andare a correre tutti insieme è vietato. Bene hanno fatto i sindaci a chiudere i parchi e bene fanno i vigili a contrastare gli assembramenti. Questo purtroppo vale anche per le chiese. So che sto chiedendo tanto. Ma dobbiamo predisporci ad affrontare il picco del contagio ed è bene restare tutti a casa».
Le strutture sanitarie del Sud reggeranno, o si rischia il collasso?
«Anche gli scienziati più qualificati hanno difficoltà a fare previsioni troppo specifiche. Il nostro obiettivo è contenere o quantomeno rallentare la velocità di diffusione del virus, in modo da avere la possibilità di gestire l’emergenza in un tempo più dilatato, distribuendo una reazione efficace su tutto il territorio nazionale. Certamente non possiamo più permetterci errori comportamentali. Vanno assolutamente evitati gli spostamenti di chi, ad esempio, nei weekend lascia Milano per raggiungere la famiglia o la propria residenza al Sud».
Dopo la sospensione dei treni notturni, dobbiamo prevedere che si potrà andare incontro alla chiusura di supermercati?
«I servizi essenziali vanno garantiti. Se i supermercati, le farmacie, gli ospedali continuano a essere riforniti è perché alle spalle c’è una filiera industriale che lavora, con grande senso di responsabilità, affinché il Paese non si fermi. L’Italia ha potenzialità inesplorate, si è mossa con coraggio e altri Paesi, come Spagna e Francia, stanno seguendo il nostro modello».
Tanti industriali e commercianti hanno paura di non riaprire mai più. Aver lasciato la scelta tra restare aperti e fermare la produzione non rischia di innescare la concorrenza sleale?
«Il mondo delle imprese è chiamato a una sfida molto dura. Molti hanno chiuso e chi è aperto deve garantire ai lavoratori un adeguato livello di protezione. Questo decreto non sarà sufficiente. I danni saranno seri e diffusi, occorrerà varare un vero e proprio piano di “ricostruzione”. La Guardia di finanza interverrà duramente contro i comportamenti speculativi di chi impone prezzi fuori mercato, o lucra condizioni di vantaggio nelle produzioni dei beni di prima necessità. Dopo il coronavirus nulla sarà più come prima. Dovremo sederci e riformulare le regole del commercio e del libero mercato».
Secondo il parere di Salvini non tutti i lavoratori sono al sicuro…
«Non è il tempo delle polemiche, ma dell’impegno e delle soluzioni. Il governo ha dedicato 18 ore per chiudere l’accordo fra associazioni di categoria e sindacati al fine di garantire i massimi standard di sicurezza ai lavoratori. I lavoratori hanno fatto bene a far sentire la loro voce, sono in trincea, in prima linea per l’Italia. Ogni sacrificio è un atto di amore per il Paese, siamo al loro fianco».
Ci aspetteremo periodi di lacrime e sangue?
«Stiamo rispondendo con un pacchetto di norme che consentiranno alla nostra economia di sostenere i costi imposti dall’emergenza. Siamo pronti, se sarà necessario, a intervenire di nuovo per il rilancio del Paese. Faremo il possibile affinché, anche nella stesura della legge di bilancio, l’Italia possa tornare a correre grazie agli investimenti, al taglio delle tasse, alla semplificazione e all’innovazione. Aiuteremo l’Italia a rialzarsi e sono convinto che ce la faremo».
La Lega sprona il governo a seguire la via tedesca, che ha messo sul tavolo 550 miliardi per i crediti alle imprese.
«Le garanzie previste nel nuovo decreto legge attivano flussi di finanziamenti che, in rapporto al Pil, sono analoghi a quelli della Germania».
L’Europa ai tempi del coronavirus è quella di Lagarde, o quella di von der Leyen?
«È quella capace di fare tutto ciò che è necessario per rispondere a un’emergenza che non è italiana, ma europea. Già nella videoconferenza di qualche giorno fa, la presidente von der Leyen mi ha chiarito la sua idea di impiegare tutti gli strumenti necessari a sostenere l’Italia. Le prime misure annunciate dalla Commissione per il sostegno medico ed economico mi appaiono efficaci e concrete, così come la rimozione degli ostacoli alla libera circolazione nel mercato interno di beni sanitari».
Cosa chiederà oggi in videoconferenza agli altri leader del G7?
«È necessario un coordinamento europeo delle misure di ordine sanitario ed economico. È il momento delle scelte coraggiose e l’Italia può offrire un contributo significativo, come Paese che per primo in Europa ha conosciuto una così ampia diffusione del virus».
Due membri del governo, Ascani e Sileri, sono positivi. Quali contromisure avete preso?
«Un affettuoso saluto a Pierpaolo e Anna, con l’augurio che possano guarire presto insieme alle migliaia di italiani che ad oggi devono i fare i conti con questo virus. Da giorni ormai rispettiamo la distanza di un metro, svolgiamo le riunioni in videoconferenza e prediligiamo quanto più possibile lo smart working».
Fonte consultata: Il Corriere