L’epidemiologo Demicheli afferma che è opportuno posticipare, almeno di un’altra settimana, la riapertura delle scuole nelle zone colpite dal virus e dintorni e valutare settimana per settimana la criticità della malattia in tutte le zone d’Italia: “I dati ci dicono che oggi ogni paziente con il coronavirus trasmette la malattia ad altri due. E dove ci sono molti contagi la curva epidemiologica cresce in modo esponenziale: bloccare a quel punto non serve più a nulla”.
Vittorio Demicheli è un medico che ha svolto gran parte della sua vita professionale nello studio e controllo delle malattie infettive, dirigendo per oltre vent’anni il Servizio di epidemiologia della Regione Piemonte e producendo revisioni sistematiche sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini per la Cochrane Collaboration. E’ stato dirigente del dipartimento di cure primarie dell’ATS (Agenzia di tutela della salute) di Pavia. Recentemente è stato nominato presidente del Nitag Italia (National Immunization Technical Advisory Group), organismo indipendente previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per consigliare i governi di ogni paese sulle politiche vaccinali.
In un’intervista sul ‘Corriere della Sera‘ Vittorio Demicheli, epidemiologo dell’Unità di Crisi della Regione Lombardia spiega che è sbagliato riaprire le scuole la prossima settimana nelle zone colpite da Coronavirus, in cui ci sono ancora persone contagiate: “La priorità resta limitare i contatti tra le persone, è l’unica strategia per rallentare il virus“.
Da una parte Lombardia, Veneto ed Emila-Romagna, dove è in cura il 93 per cento dei positivi degli 821 totali del Paese, probabilmente gli istituti resteranno chiusi per altri otto giorni. Mentre in Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Marche e nelle province autonome di Trento e Bolzano gli studenti torneranno in classe. A Palermo e provincia le scuole rimarranno chiuse fino a lunedì 2 marzo, compreso. Poi tutto dovrebbe tornare alla normalità.
Demicheli pensa che riaprire le scuole sia il modo migliore per permettere al virus di diffondersi con più facilità, aumentando i casi di Coronavirus, in quanto la scuola rappresenta una comunità e il virus passerebbe da casa a scuola e a sua volta da alunno ad alunno.
«Il virus clinicamente non dà problemi, o comunque è facilmente risolvibile, nel 90% dei pazienti. Ma in oltre il 10%, soprattutto se anziani, comporta problemi gravi che richiedono un ricovero in Terapia intensiva».
“I dati ci dicono che oggi ogni paziente con il coronavirus trasmette la malattia ad altri due. E dove ci sono molti contagi la curva epidemiologica cresce in modo esponenziale: bloccare a quel punto non serve più a nulla. Bisogna intervenire prima. Lo dice la scienza e la politica deve ascoltarla“, spiega.
Secondo l’esperto, per isolare il virus, non basta chiudere le ‘zone rosse’: “Il caso di Codogno, dove il contagio continua a essere di 5-6 casi al giorno come all’inizio, ci dimostra che intervenire dopo serve a poco: la corsa del virus ormai è partita. Se invece che nel Lodigiano, dove comunque ci sono solo 50 mila abitanti, la stessa situazione succedesse a Milano, sarebbe un disastro. È il motivo per cui è fondamentale agire prima”.
«Solo la riduzione probabilistica dei contatti ci può portare a un rallentamento della diffusione del virus».
«Ci sono due problemi. Gli ospedali vicino ai focolai del contagio non sanno più dove mettere i malati, soprattutto quelli gravi che hanno bisogno della Rianimazione. Oggi il sistema ospedaliero regge perché i pazienti possono essere trasferiti negli ospedali delle città non ancora colpite. Ma se il numero di contagiati si allarga rischia di andare in default ».