Coronavirus, Perchè in Italia così tanti morti? Ilaria Capua: “aver preso troppi antibiotici potrebbe essere la risposta a ciò”
L’Italia attualmente risulta essere al primo posto per il numero di morti rispetto al numero totale dei contagiati. Neanche Francia, Giappone, Germania, Corea e Iran hanno registrato una catastrofe di questo genere, pur essendo colpite massicciamente anche loro.
In Italia i decessi da Coronavirus sono troppi, è una situazione inspiegabile, anomala e sarebbe opportuno approfondire e dare delle risposte più chiare su ciò che interferisce sulla cura dei pazienti.
A dare una risposta, facendo emergere le più valide delle ipotesi, c’è Ilaria Capua, una virologa ed ex politica italiana. Sentiamo cosa ha da dirci.
“Lo dico con molto rispetto, ma senza alcuna remora: questi decessi sono un’anomalia che dobbiamo approfondire e studiare con cura e velocità. Oggi è tempo di persone che hanno studiato le malattie e che sanno come si comportano gli agenti patogeni nel nostro organismo. In altre parole, oggi forse non è più tempo per virologi, come la sottoscritta, ma di patologi e di analisi anatomo-patologico e isto-patologica che chiariscano a noi tutti cos’è successo nei corpi di chi è morto con addosso un’infezione da Coronavirus.
L’Italia, nella difficoltà di essere il primo Paese Occidentale ad affrontare un’emergenza del genere, è anche il Paese che ha raccolto il maggior numero di informazioni sulle morti da Coronavirus. Ed è materiale che dobbiamo senza indugio mettere a disposizione di noi stessi e del resto del mondo.
Lo dico, perché in Italia c’è un altro problema che continua a non avere l’attenzione che merita e di cui nessuno, a maggior ragione, ha parlato in questi giorni: l’Italia è in Europa, insieme a Cipro, il Paese che ha più ceppi batterici antibiotico resistenti.
Cos’è esattamente l’antibiotico-resistenza?
In poche parole, è la manifestazione della legge del più forte. O, se preferite, un meccanismo naturale attraverso il quale i microrganismi si evolvono. I batteri si modificano in presenza di una sostanza che è per loro “veleno”. Non solo diventano resistenti, quindi, ma sono anche in grado di trasmettere la resistenza alle future popolazioni batteriche. In dieci anni la proporzione di superbatteri resistenti è almeno decuplicata.
È un fenomeno, quello dell’antibiotico resistenza, che ha molte cause: le più riconosciute sono l’abuso di antibiotici in medicina umana e veterinaria, per l’appunto, e la scarsa igiene delle mani. L’effetto è che ormai questi superbatteri ce li possiamo prendere ovunque, dall’autobus, alla scuola dei figli.
Questo cosa significa per il singolo cittadino?
Significa, banalmente, che in Italia un paziente ha più probabilità di incorrere in complicazioni dopo interventi ospedalieri, come ad esempio in seguito a trapianti, ricovero in terapia intensiva o interventi chirurgici complessi. È un problema talmente grave, questo, che in molti altri paesi europei, al momento del ricovero i pazienti che hanno avuto contatti con ospedali italiani nei sei mesi precedenti vengono sottoposti a screening e immediatamente isolati.
Domanda: e se l’anomala mortalità italiana da Coronavirus si annidasse tra i superbatteri presenti nel corpi deboli e vulnerabili dei contagiati?
E ancora, se gli ospedali italiani non fossero solo il luogo delle cure, ma anche quello di ulteriori infezioni batteriche antibiotico-resistenti?
Se, in altre parole, il problema non fosse dove lo stiamo cercando – in un ceppo virale più aggressivo, ad esempio – ma nella presenza di super-batteri negli ospedali che aggravano il quadro già complesso di un malato da Coronavirus?
Ecco perché abbiamo bisogno dei patologi e delle loro risposte. L’auspicio, di converso, è che forse le tante sanificazioni fatte, e le norme igieniche molto più stringenti che stiamo adottando in queste settimane, potrebbero aiutarci a combattere sia il coronavirus, sia l’antibiotico resistenza. E questa, al di là di tutto, sarebbe due volte un’ottima notizia”.