Storie

Covid: la testimonianza di Gaetano. “Il virus non esiste? Io l’ho avuto, avevo solo la pressione alta eppure sono stato in coma 5 mesi, non sottovalutate”

Gaetano Urso, 47enne di Lecco, ha voluto raccontare di sè agli italiani in un intervista rilasciata al TGcom24 affinchè  siano consapevoli di ciò che può accadere se si contrae il Coronavirus. Gaetano ora guarito e dice: “Io sono stato fortunato, ma altri non ce l’hanno fatta”. Gaetano non aveva malattie pregresse, tranne la pressione alta, come gran parte degli italiani.

Ha trascorso 5 mesi in ospedale a causa del coronavirus, dal 28 febbraio al 5 agosto. Il lockdown lo ha vissuto in ospedale, lontano da tutti. Era intubato e in coma farmacologico, nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Manzoni di Lecco.

E’ la storia del 47enne Gateano Urso, impiegato delle Poste. I medici avevano già avvisato la famiglia che la sua condizione era molto grave e forse non sarebbe più tornato a casa. Gaetano però ha lottato tanto e si è salvato, anche se ha avuto grosse conseguenze post ricovero: una profonda piaga da decubito, insufficienza renale, polmonare, tetraparesi e la necessità di sottoporsi a dialisi due volte a settimana.

Per questo, quando sente dire che il Covid non esiste, non riesce a crederci: “Io l’ho avuto, sono stato in coma, in terapia intensiva, ho perso due mesi e mezzo della mia vita che non ricordo, altroché se esiste, non sottovalutate. E io sono stato fortunato, ce l’ho fatta, ma altri – tanti – no”, racconta a Tgcom24.



La sua storia

Gaetano era a lavoro, all’ufficio postale di Lecco. I suoi colleghi si sono accorti delle sue frasi senza senso e del suo malessere, così hanno chiamato il 118. Però, era sotto effetto di cortisone per curare un’ernia del disco, quindi si è pensato dipendesse da quello. L’ambulanza lo ha poi portato in ospedale, aveva la febbre a 38.5.

Mi hanno fatto tutti gli accertamenti, messo in isolamento e poi trasferito in Malattie infettive. Qui sono stato circa 2 giorni, mi hanno fatto il tampone ed è risultato positivo. Ho subito avvertito la dirigenza della posta in modo che prendessero le dovute precauzioni, perché io lavoro a contatto con il pubblico. Dalle notizie che si sentivano in quel periodo sul coronavirus pensavo di non farcela, poi mi hanno rassicurato dicendomi che era possibile uscirne”, dice Gaetano.

Ben presto sono giunte complicanze più severe e i medici lo hanno trasferito in terapia intensiva: “Mi hanno messo il Cpap, che io non volevo, ma un dottore mi ha detto ‘Se vuoi vivere devi tenerlo’. Un altro mi diceva: ‘Stai tranquillo, poi racconterai tutto a tuo figlio dicendogli che è stata una brutta avventura e che hai fatto anche l’astronauta“, racconta il 47enne. E in effetti così è stato.




La condizione diventava sempre più critica pertanto Gaetano è stato intubato: “Io non volevo – aggiunge – ma i dottori mi dicevano: ‘Così stai meglio tu e siamo più tranquilli noi perché riusciamo a curarti bene’. Ho chiesto almeno di poter avvisare mia moglie, quindi mi hanno ridato il telefono – che mi avevano tolto – per chiamarla“.

Durante il coma ho rischiato di morire per ben due volte: il 7 aprile, giorno del mio compleanno, e il 12, giorno di Pasqua. I dottori hanno chiamato mia moglie dicendole di prepararsi al peggio, perché da un momento all’altro me ne sarei potuto andare. Lei, dal canto suo, ha anche cercato di preparare mio figlio di 7 anni, dicendogli: ‘Papà potrebbe andare con gli angeli’, infatti poi quando mi sono svegliato mi ha chiesto: ‘Non vai più con gli angeli?’. La prima volta che sono stato male i medici mi hanno fatto sentire un messaggio mandato dalla mia famiglia – mia moglie e i miei due figli – in cui dicevano ‘Torna a casa’, piangendo. Penso che questo messaggio mi abbia dato la forza per riprendermi“, spiega Gaetano.




Il coma è durato fino al 20 Maggio: “Quando mi sono svegliato ho riconosciuto il medico che si è avvicinato, ma ero frastornato. Poi mi sono guardato attorno: avevo tubicini dappertutto, tant’è che ho detto all’infermiera: ‘Mi avete trasformato in un robocop?’ Mi sembrava di essermi addormentato il giorno prima. Invece erano passati due mesi e mezzo. Il lockdown l’ho saltato, non sapevo nulla, poi mi hanno raccontato. Un mio collega non ce l’ha fatta. La mia famiglia ha vissuto con l’ansia che io potessi non farcela”.

Era ormai uscito dal coma ma non riusciva più a camminare pertanto è stato trasferito a Bellano in una struttura riabilitativa: “Va molto meglio considerando che all’inizio ero in sedia a rotelle. Fino a giugno non ho camminato”, dice. La gioia più grande è stata rivedere i suoi cari una volta dimesso dal Bellano, il 5 agosto: “Una felicità immensa. Sono venuti a prendermi tutti insieme e mi hanno regalato una maglietta con il logo di superman, dicendo che ero io”.

Infine, un pensiero per i medici: “Mi hanno salvato, sono stati incredibili. Anche a livello psicologico sono stati impeccabili, sia con me che con la mia famiglia. Non smetterò mai di ringraziarli”.