Cattive notizie giungono dai dati della Protezione Civile che indica un incremento dei pazienti con Covid che sono stati trasferiti in terapia intensiva.
La Fondazione Gimbe avverte: “Dato in rialzo del 62% nell’ultima settimana”
In sei giorni cʼè stata unʼimpennata di casi con sintomi gravi, passando da 67 ricoveri in intensiva a 109. Se gli esperti ci suggeriscono di stare tranquilli, visto che il virus sembra essere mutato, non significa che il pericolo si sia annullato.
Attualmente quello che preoccupa sono i numeri in risalita dei pazienti che finiscono in terapia intensiva, che va di pari passo all’incremento di nuovi contagiati e maggiore quantità di tamponi.
Mercoledì si è sfondata quota 100 per la prima volta da metà giugno, arrivando a 109 pazienti, con un incremento di 42 rispetto solo a sei giorni fa.
I dati non faranno di certo scattare l’allarme ma invitano alla prudenza.
Abbiamo avuto un netto calo di casi tra Giugno e Luglio e in due mesi i pazienti in terapia intensiva erano soltanto 38. Nell’ultima settimana di Agosto, l’accelerazione è stata repentina e si sono registrati 1.000 contagi giornalieri.
“L’aumento dei ricoveri in rianimazione si registra in media 2 o 3 settimane dopo quello dei contagi – spiega alla “Stampa” Antonino Giarratano, vicepresidente della società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, è quasi certo dunque che la curva continuerà a crescere da qui alla fine del mese senza che questo scateni un panico ingiustificato. E anche se al momento il numero dei ricoverati in intensiva è superiore a quello del 29 febbraio (105), ovvero subito prima del propagarsi dell’epidemia, lo scenario complessivo è molto diverso.
Dei 26.754 casi attivi al 1 settembre, sottolinea la Fondazione Gimbe, il 50,2% si concentra in tre Regioni: Lombardia (7.082), Lazio (3.285), Emilia-Romagna (3.061). Un ulteriore 41,9% si distribuisce tra Veneto (2.460), Campania (2.292), Toscana (1.581), Piemonte (1.464), Sicilia (1.152), Puglia (860), Sardegna (837), Liguria (560). I rimanenti 2.120 casi (7,9%) si collocano nelle restanti 8 Regioni e 2 Province autonome con un range che varia dai 30 della Valle d’Aosta ai 406 dell’Abruzzo.