Il Covid ha effetti devastanti sul cervello: il racconto choc del prof vivo per miracolo dopo l’infezione
Il Coronavirus non è una semplice infezione blanda come alcuni ci vogliono far credere: colpisce ed uccide maggiormente gli anziani con patologie o semplicemente perchè hanno un sistema immunitario indebolito ma non significa che gli altri rimangano illesi. In questo momento il virus sembra essersi appiattito, non è più aggressivo ma resta la paura della seconda ondata nella prossima stagione influenzale. Vi proponiamo la testimonianza di un medico che ha contratto il Coronavirus e riferisce che, oltre ai danni polmonari, ha un forte impatto negativo anche sul cervello.
Coronavirus e danni al cervello
No, il Covid-19 non crea solo problemi respiratori, come si credeva all’inizio dell’epidemia, quando il nuovo coronavirus era ancora completamente sconosciuto. I casi clinici in tutto il mondo hanno dimostrato che l’infezione da Sars-CoV-2 può avere effetti devastanti su ogni parte dell’organismo umano, compreso il cervello. Lo dimostrano alcuni studi sui danni neurologici accusati dai pazienti più gravi e anche l’esperienza diretta di un docente e dirigente dell’università di Cambridge, che ha rischiato seriamente di morire ed è stato salvato da un vero e proprio miracolo dei medici.
Paul Mylrea, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Relazioni Esterne del prestigioso ateneo britannico, ha 64 anni ed è vivo per miracolo, dopo aver accusato due diversi ictus mentre si trovava ricoverato in ospedale dopo essere stato contagiato. Alla Bbc, l’uomo ha raccontato cosa è accaduto e quali sono gli effetti della malattia, di cui porterà a lungo i segni. Durante il primo ricovero in terapia intensiva, nell’ospedale universitario di Cambridge, il 64enne aveva infatti rischiato di morire a causa di alcuni coaguli nel sangue che erano stati trovati non solo nei polmoni, ma anche nelle gambe. Per salvarlo, i medici avevano optato una cura a base di anticoagulanti, ma non era finita lì.
Due giorni dopo, una nuova complicazione aveva reso le condizioni dell’uomo ancora più drammatiche e si era deciso il trasferimento a Londra, nell’ospedale dove lavora anche il dottor Arvin Chandratheva. Questo neurologo ha raccontato: «Appena trasferito, Paul era completamente bianco, aveva problemi alla vista e non riusciva nemmeno a compiere operazioni abbastanza elementari come sbloccare il telefono con il codice PIN. Ho pensato che forse gli anticoagulanti avevano avuto la reazione avversa di una lieve emorragia cerebrale, ma c’era qualcosa di assolutamente anomalo».
Gli effetti del coagulo di sangue erano devastanti: il livello in condizione normale di un individuo è pari a 300, quello dei pazienti colti da ictus si aggira intorno a 1000, mentre il livello di Paul era superiore a 80.000. «Non ho mai visto niente di simile prima. Durante il lockdown c’era stato un calo netto di pazienti ricoverati per ictus, ma nel giro di due settimane in ospedale sono arrivati sei pazienti affetti da Covid-19 con degli ictus molto gravi» – ricorda oggi il neurologo – «Non si trattava di persone a rischio per patologie pregresse o stile di vita, come i diabetici e chi soffre di ipertensione, eppure avevano dei valori assolutamente anomali rispetto agli ictus ‘tradizionali‘».
Analizzando i possibili danni cerebrali causati nel paziente dall’infezione di coronavirus, il neurologo britannico ha scoperto, tramite tac e altre analisi, che i due ictus avevano causato problemi considerevoli alla vista, alla memoria, alla coordinazione e al linguaggio. Nel momento peggiore per il quadro clinico di Paul Mylrea, i medici erano certi che, se anche fosse sopravvissuto, il paziente sarebbe rimasto gravemente disabile. Oggi, però, il 64enne racconta: «Avevano detto a mia moglie e alle mie figlie di prepararsi al peggio. L’unica cosa che potevano fare in quel momento, secondo i medici, era aspettare. Non so ancora come, ma sono sopravvissuto e sono progressivamente guarito».
Il primo segnale davvero incoraggiante era arrivato all’inizio della convalescenza: il quadro clinico nel complesso migliorava, ma si temeva ancora molto per quello neurologico. Eppure Paul Mylrea, che parla sei diverse lingue, aveva subito dimostrato di essere in grado di passare, senza problemi, dall’inglese al portoghese, mentre si intratteneva con le infermiere che si prendevano cura di lui. Il dottor Chandratheva ha spiegato: «Paul, insolitamente, ha imparato la maggior parte di quelle lingue da adulto, e questo ha creato delle connessioni nel cervello che sono sopravvissute agli ictus».
Oggi Paul sta bene, anche se riconosce che non tutto sarà come prima: «Non riesco a leggere alla stessa velocità di prima e ho più difficoltà a memorizzare le informazioni, ma i medici dicono che è normale dopo i danni riportati dal mio cervello. Fisicamente sto bene e anche i medici lo riconoscono, anche se non posso più fare la stessa attività sportiva di prima. Mi allenavo in palestra, andavo in bicicletta e nuotavo nel fiume, spero almeno di poter tornare in piscina».
Sono diversi gli studi, condotti in tutto il mondo, che hanno accertato come la mancanza di ossigeno al cervello dovuta alle complicazioni respiratorie causate dal Sars-CoV-2 produca in molti casi danni cerebrali anche piuttosto gravi. Secondo uno studio dell’ospedale San Paolo e della Statale di Milano, in tre pazienti Covid su quattro si riscontrano effetti sul cervello, che possono variare da semplici emicranie fino a danni neurologi irreparabili. La storia di Paul Mylrea è un esempio pratico di quanto accertato da chi cerca di comprendere il più possibile del coronavirus alla luce del quadro clinico di chi è costretto al ricovero.