Molti amano mangiare questi frutti gustosi, i Litchi, talvolta nutrienti ma pericolosi, in particolare per i bambini.
La buccia, sottile ma non commestibile, è coperta di piccole protuberanze appuntite e all’inizio è verde ma con la maturazione diviene rossa o rosato-rossa. La buccia diviene marrone e secca se viene lasciata all’aria aperta dopo la raccolta. La parte carnosa e commestibile del frutto è un arillo, e circonda un seme unico ovale allungato, marrone scuro che ricorda quello delle nespole del Giappone.
Il litchi contiene in media 72 mg di vitamina C in 100 grammi di frutta.[13] In media nove litchi bastano per soddisfare il fabbisogno quotidiano di vitamina C di un uomo adulto.
Una tazza piena di litchi fornisce, tra le altre cose il 14% del fabbisogno quotidiano di rame, il 9% di fosforo, e il 6% di potassio per una dieta di 2000 chilocalorie.
Come molti alimenti vegetali i litchi hanno pochi grassi saturi, poco sodio e sono completamente privi di colesterolo. I litchi hanno una quantità moderata di polifenoli, comunque maggiore, secondo uno studio francese, di molti altri frutti analizzati. La maggior parte dei polifenoli comunque tende a deteriorarsi col passare del tempo, quindi è meglio consumare il frutto il prima possibile.
Nella medicina tradizionale cinese il litchi è un frutto con proprietà calde e si sostiene che un eccessivo consumo di litchi possa, in casi estremi, portare a svenimenti o eruzioni cutanee.
Questo gustosissimo frutto può però essere responsabile di una malattia neurologica potenzialmente fatale, un’encefalopatia ipoglicemica estremamente pericolosa per i bambini. Lo dimostra il drammatico caso di oltre trenta piccoli rimasti uccisi nello Stato del Bihar (India settentrionale) dopo aver fatto incetta di frutti. Si è trattato solo dell’ultimo evento di massa in ordine cronologico legato al consumo di litchi. Ecco come e perché questo frutto può uccidere.
All’interno del litchi, così come in altri frutti di piante appartenenti alla famiglia delle Sapindaceae, si trovano particolari amminoacidi che una volta ingeriti sono in grado di alterare la gluconeogenesi e la β-ossidazione degli acidi grassi. Si tratta di processi legati rispettivamente alla conversione di un composto non glucidico in glucosio e alla produzione dell’acetil-coenzima A (acetil-CoA), fondamentali per il nostro metabolismo. Questi amminoacidi, chiamati ipoglicina A e metileniclopropilglicina (MCPG), si trovano in concentrazioni sensibilmente superiori nei frutti acerbi, ed è proprio la massiccia ingestione di questi ultimi a poter scatenare un’encefalopatia ipoglicemica acuta, come indicato da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Centro nazionale per il controllo delle malattie (India).
L’assunzione di frutti acerbi contenenti i composti di cui sopra può innescare un fortissimo squilibrio metabolico, che induce il crollo dei livelli di zuccheri nel sangue e porta rapidamente a convulsioni, infiammazione cerebrale, incoscienza e morte. Gli effetti sono più repentini nei bambini e negli adolescenti che, dopo aver fatto incetta di litchi acerbi o frutti analoghi come l’ackee (Blighia sapida), per qualche motivo non cenano; a causa di ciò, infatti, non riequilibrano i gravissimi scompensi che gli amminoacidi ipoglicina A e metileniclopropilglicina (MCPG) possono determinare. Nel recente passato l’encefalopatia ipoglicemica scatenata dal litchi veniva scambiata per una malattia infettiva e virale, ma a far luce sulle sue più probabili cause è stato un team di ricerca internazionale che ha pubblicato un articolo nel 2017 sull’autorevolissima rivista scientifica The Lancet Global Health.
Le stragi che si sono verificate in India, Bangladesh e Vietnam negli ultimi anni sono legate alla presenza di un numero sempre maggiore di coltivazioni di litchi, cresciute esponenzialmente per favorire le esportazioni all’estero. Nei mesi di maggio e giugno i bambini ne mangiano di più, spesso trascorrendo intere giornate tra i frutteti; è proprio in questo periodo dell’anno che si concentrano le tragedie.
La maggiore o minore neurotossicità dei litchi ingeriti sarebbe legata a numerosi fattori quali umidità, temperatura, uso di pesticidi e naturalmente dalla quantità e dalla suscettibilità individuale alle sostanze incriminati. Chi mangia i frutti acquistati al supermercato, come indicano gli scienziati, non rischierebbe per diverse ragioni: innanzitutto si tratta di frutti maturi e non acerbi, dunque con un contenuto sensibilmente inferiore di amminoacidi tossici; in secondo luogo, a causa del costo elevato dei litchi, di solito se ne mangiano pochi e non se ne fa incetta come accade a chi vive intere giornate nelle coltivazioni.
Infine, i frutti vengono consumati nel quadro di diete più o meno equilibrate, che comunque riescono a contrastare i potenziali effetti nefasti sui processi metabolici innescati dagli amminoacidi.