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Il nonno abusò della nipotina: 20 anni al genero che lo uccise

Il nonno abusò della nipotina: 20 anni al genero che lo uccise per vendicarsi del male fatto a sua figlia. Una vicenda che ha lasciato tutti un pò sbalorditi per la decisione presa dai giudici.

Il nonno abusò della nipotina: 20 anni al genero che lo uccise

Una condanna di 20 anni al genero che aveva ucciso con quattro colpi di pistola il suocero, accusato di aver abusato sessualmente della nipotina in tenera età.

Antonio Crisanti, di anni 63, era stato ucciso lo scorso febbraio 2020 ma la decisione definitiva è giunta poco tempo fa: freddato in un parco giochi davanti a un centro commerciale a Rozzano, comune in provincia di Milano. Ad ucciderlo è il 35enne Emanuele Spavone, padre della piccola che era stata violentata ripetutamente; ad aiutarlo vi era un complice che guidava il motorino durante la sparatoria.

Proprio il giorno dell’omicidio, al Palazzo di Giustizia di Milano, la bimba di otto anni aveva raccontato al gip Teresa De Pascale le violenze subite dal nonno, facendo emergere dettagli agghiaccianti. Lo stesso giorno, dopo circa due ore, si costituiscono gli uccisori. Il killer materiale, padre della bambina, nata da una relazione, poi conclusasi, avuta con la figlia della vittima. E il suo complice, un 27enne che guidava il motorino da cui erano stati sparati i proiettili mortali. Entrambi erano stati accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.

Il pubblico ministero, Monia Di Marco, aveva chiesto due ergastoli. Richiesta non accolta dal gup di Milano, Aurelio Barazzetta, che ha concesso a entrambi le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, premeditazione e recidiva. Lara Benetti, avvocato della figlia della vittima, ed ex compagna del killer, ha sottolineato: “Aspettiamo le motivazioni sulla concessione delle attenuanti generiche che sono state considerate equivalenti all’aggravante della premeditazione, che comunque è stata riconosciuta. Come ha anche sottolineato il pm in udienza, la confessione del killer, contraddittoria in sede di interrogatorio, non può essere considerata motivo di attenuante”.

Il tribunale così condanna a 20 anni di carcere l’uccisore e 18 per il suo complice, che si è sempre difeso dicendo di non sapere che il suo amico avrebbe ucciso il suocero.
Il 35enne aveva confermato infatti di aver avuto un raptus improvviso, generato da un black-out mentale, in cui ha ricordato le parole della sua bambina quando descriveva le violenze subite.  Il legale ha spiegato che la sua assistita “si è costituita parte civile per fare sentire la sua voce, e ha chiesto solo una cifra irrisoria appunto perché nessuno pensasse che volesse approfittarsi economicamente della situazione”.

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