Mentre la guerra prosegue, l’inflazione aumenta sempre più e gli italiani sono costretti a fronteggiare i rincari in ogni settore.
Oltre alla guerra con le armi, va avanti anche la guerra energetica e la stessa Russia si è detta favorevole a tagliare le forniture di gas.
Gazprom ha infatti deciso di tagliare le forniture di gas all’Europa e in particolare all’Italia, contribuendo a mettere in difficoltà il mercato e, di conseguenza, le famiglie e imprese.
La decisione improvvisa di Gazprom: cosa succede ora?
A comunicare il nuovo taglio di gas è l’ Eni. L’azienda “ha ricevuto comunicazione di una limitata riduzione dei flussi, pari a circa il 15%, dal proprio fornitore russo relativamente all’approvvigionamento gas verso l’Italia. Eni continuerà a monitorare l’evoluzione della situazione e comunicherà eventuali aggiornamenti”.
Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha tuttavia sottolineato l’assenza di criticità: “L’andamento dei flussi di gas è costantemente monitorato in collaborazione con gli operatori”.
Gazprom ha poi annunciato che interromperà il funzionamento di un’altra turbina lungo il gasdotto Nord Stream 1, riducendo il volume delle forniture di gas a 67 milioni di metri cubi al giorno. Parliamo insomma del taglio di un ulteriore 33%, dopo la prima riduzione del 40% dei volumi di gas inviati verso l’Ue attraverso il gasdotto tra Russia e Germania annunciata martedì. Secondo quanto riporta l’agenzia russa Tass, il gigante russo del gas afferma di dover interrompere il funzionamento della turbina a causa della fine del periodo di revisione prima della manutenzione completa. Le ragioni della decisione russa non sono state ufficializzate.
Come potremo soddisfare il nostro bisogno di gas nei prossimi mesi? Gli accordi con altri Paesi per le forniture energetiche sono in via di definizione, ma bisogna far presto. Grazie agli interventi del Governo, quali la rigassificazione, siamo giunti a una giacenza di circa 9,5 miliardi di metri cubi, pari a circa il 52% della capacità complessiva.
Entro fine settembre bisogna però arrivare al 90% “per avere la sufficiente disponibilità per i consumi domestici e industriali del prossimo inverno”, ha spiegato il presidente di Arera, Stefano Besseghini, durante un’audizione in Senato in commissione Industria.
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