Lo studio shock: le radiazioni degli smartphone causano l’Alzheimer, già a 25 anni. Tutti dovrebbero saperlo
Tutti possediamo uno smartphone ed i giovani in particolare, sono coloro che lo utilizzano di più. Già molto piccoli, i nostri figli, utilizzano dispositivi elettronici per giocare, guardare video e cartoni animati, per ascoltare musica e i genitori sono spesso fieri di “affidare” loro a questa società del tutto tecnologica, ignari dei danni gravi e irreversibili causati dalle radiazioni dei telefono cellulari.
Un recente studio ha sconvolto davvero tutto il mondo: sembrerebbe che le radiazioni dei telefoni siano responsabili dell‘insorgenza dell’Alzheimer, già in giovane età.
Tutta colpa delle radiazioni del Wi-fi, che determinano un aumento di calcio intracellulare nel cervello, conseguenza tipica della malattia. Gli esperti hanno spiegato che i campi elettromagnetici, generati elettronicamente, producono forti forze elettriche e magnetiche che hanno un effetto nefasto sul corpo umano.
Lo studio
Il professor Martin L. Pall, membro della facoltà della Washington State University, negli Stati Uniti nel suo articolo pubblicato sulla rivista “Current Alzheimer’s Research” ha annunciato di aver trovato un nuovo collegamento tra i cellulari e prodotti di tecnologia wireless e la malattia di Alzheimer.
Ha dichiarato: “i campi elettromagnetici agenti tramite forze magnetiche elettriche di picco e variabili nel tempo su una scala temporale di nanosecondi”.
Un dato allarmante emerso dallo studio è che entro il 2050 il numero di vittime colpite dalla malattia si triplicherà, considerando che ora sono colpite circa sei milioni di americani.
I cambiamenti nel cervello legati all’Alzheimer possono iniziare anche dai 25 anni. L’età media infatti starebbe diminuendo negli ultimi 20 anni.
Il Prof. Pall ha notato che tutto ciò che combacia con l’esplosione della tecnologia di comunicazione wireless in tutto il mondo. A preoccupare è che a persone tra i 30 e 40 anni sia stata diagnosticata la malattia. “I risultati di ciascuno di questi studi dovrebbero essere condivisi con il pubblico in generale”, ha affermato Pall, che continua: “In modo che tutti possono prendere le misure necessarie per ridurre l’incidenza dell’Alzheimer a esordio precoce”.
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