Continuano ad essere sconvolti i medici che analizzano quotidianamente i pazienti affetti da covid e ognuno di essi sviluppa la malattia in modo diverso. Anche gli stessi dirigenti medici, che si infettano nel luogo di lavoro, affermano di aver trascorso ore infernali prima della guarigione. Abbiamo scelto una testimonianza da proporvi, di un medico romano che ha contratto ed affrontato il virus.
«Altro che semplice influenza, il Covid è una malattia terribile, causata da un virus imprevedibile, che colpisce tutti indipendentemente dall’età». A parlare è Valerio Sanguigni, un medico romano appena guarito, cardiologo responsabile della U.O.C di Medicina Interna ed endocrinologia della Casa di Cura convenzionata Madonna delle Grazie di Velletri. Dopo aver sconfitto la malattia, il dottor Sanguigni ha deciso di raccontare la propria esperienza, da medico e da paziente.
La sua storia
«Ero molto indeciso se rendere pubblica la mia esperienza. Da medico ho sempre rispettato chi condivide sui social la malattia, anche per la funzione catartica che ne deriva. Ora però vorrei provare a descrivere i fatti, raccontando quello che la stampa non racconterà mai. Essendo in prima linea, avevo messo in conto la possibilità di contagiarmi. Avevamo stabilito severi protocolli interni, ma poi è accaduto l’imprevedibile: un cluster improvviso di 10 pazienti positivi, tutti entrati con tampone negativo. Nonostante tutte le protezioni, tutto il mio staff medico e metà di quello paramedico è rimasto contagiato» – spiega il medico in un lungo post su Facebook.
«Quando la carica virale è forte e ci sono molti contagiati nello stesso momento, è veramente difficile proteggersi dal coronavirus. A me non è andata bene: prime linee di febbre, sensazione di debolezza, sintomi diversi da quelli influenzali. Sono risultato positivo prima all’antigenico e poi al molecolare, ho iniziato a curarmi subito con antibiotici, cortisonici ed eparina, ma la malattia continuava a prendere una brutta piega, con febbre e tosse continue».
Il ricovero
Dopo i primi sintomi, il decorso della malattia è peggiorato. A quel punto, grazie ad un collega e amico, Gennaro Martino, il dottor Sanguigni è riuscito a farsi ricoverare all’ospedale militare del Celio. «A lui forse devo la vita, sono finito in uno dei migliori reparti Covid di Roma. La TAC al torace ha evidenziato ciò che temevo: una polmonite interstiziale bilaterale, sia alle basi che agli apici. Mi sono ritrovato così in terapia subintensiva» – racconta il medico romano – «Altra riflessione personale: non ho mai fumato, non ho patologie in corso, assumo vitamine e antiossidanti da una vita, ma questa maledetta malattia mi ha preso in pieno. Sono stato curato da una squadra di medici e infermieri con tute da marziani, con maschera e doppi guanti. Più che eroi, li definisco uomini e donne con una dedizione e una passione assoluta alla cura dei malati e con un coraggio unico, di cui dovremmo andare fieri».
Esperienza terribile
Il racconto prosegue così: «Per due settimane, in ogni istante mi ha accompagnato la maschera a ossigeno col gorgoglio dell’acqua del filtro. Nei reparti Covid si vive dipendenti dall’ossigeno, dai farmaci e con la speranza di intravedere un piccolo segnale di miglioramento». Il dottor Sanguigni, però, spiega anche che «in 40 anni d’esperienza non ho mai visto una malattia così imprevedibile. In tanti anni ho curato centinaia di polmoniti, ho visto centinaia di pazienti guarire lentamente ma progressivamente, eppure niente come il Covid: c’erano pazienti giovani, sui 40 anni, essere trasportati all’improvviso in terapia intensiva».
La cura
Il medico romano è convinto che a salvargli la vita sia stata la terapia a base di Remdesivir, un antivirale che viene spesso utilizzato per curare il Covid. «Già dopo la seconda somministrazione ho capito di stare meglio. Non ho mai dormito la notte e quando stavo meglio, provavo a camminare di notte per fare il walking test, cioè capire se con un piccolo sforzo la saturazione restava buona» – spiega il dottor Sanguigni – «Durante quelle camminate leggevo i nomi cancellati sulle porte delle stanze, erano quelli dei pazienti morti per il virus. Ho stretto amicizia con medici e infermieri, ma anche con gli altri pazienti, che si sentivano più sicuri accanto a un medico, seppur malato. Sono migliorato e dopo la seconda settimana di ricovero sono stato dimesso: ora sono a casa e mi sto riprendendo, anche se molto lentamente».
Morale: “questo virus è terribile”
Il lungo post si conclude con tre considerazioni, da medico esperto ma anche da malato sopravvissuto alla malattia. «Primo punto: il Covid non è una semplice influenza, è una malattia imprevedibile e molto contagiosa, può colpire anche soggetti sani, senza patologie, ed evolvere rapidamente in peggio. Sono convinto che anche i positivi paucisintomatici troverebbero segni di una compromissione polmonare. Secondo: ho visto tanti pazienti giovani, sui 40 anni o poco più, la malattia può colpire tutti ed è molto più diffusa di quello che dicono le cifre ufficiali. Sono fondamentali le mascherine (meglio se FFP2) e il distanziamento, ma quello vero: vanno evitati i luoghi chiusi, ma anche gli assembramenti, compresi quelli familiari. Il tampone negativo non è garanzia di immunità, lo dimostra il caso dei 10 pazienti positivi nel mio reparto» – spiega il medico romano.
«Terzo punto: l’unica possibilità di uscita è il vaccino, lo sforzo eseguito in meno di un anno è straordinario e ha coinvolto i migliori ricercatori. Non voglio polemizzare coi no vax, ma se mi fosse possibile vorrei prendere una persona scettica sul vaccino e fargli fare un giro nei reparti Covid. Per esperienza, farei una semplice similitudine: una eventuale reazione allergica può essere paragonata ad uno schiaffo in faccia, la polmonite da Covid come uno scontro frontale con un’auto. Decidete voi cosa vale la pena di scegliere…».
La speranza
Il lungo post del medico si conclude con un messaggio di ottimismo: «Sono convinto che il mondo vincerà questa battaglia che cambierà per sempre le nostre abitudini e la maniera di considerare la vita e la salute, che è il bene più grande. Grazie a tutti gli operatori in prima linea, onore al loro coraggio e alla loro passione unica. A chi continua a negare l’evidenza lascio questo aforisma che ha sempre guidato la mia vita: “Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione della conoscenza”».