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“Mio figlio morì sul ponte Morandi. Non voglio il risarcimento di un milione. L’anima d’un figlio non si compra”


Mio figlio morì sul ponte Morandi. Non voglio il risarcimento di un milione. L’anima d’un figlio non si compra”: queste le parole di un padre di una giovane vittima che, a distanza di tempo, ha ottenuto dallo Stato il risarcimento dopo il crollo del Ponte Morandi.

Era il 14 agosto 2018 la sezione del ponte che sovrasta la zona fluviale e industriale di Sampierdarena, lunga circa 250 metri, è crollata insieme al pilone occidentale di sostegno (pila 9) provocando 43 vittime fra gli automobilisti che transitavano e tra gli operai presenti nella sottostante area. Tra di essi c’è stato purtroppo anche il figlio del Signor Giovanni, 29 anni.

“Mio figlio morì sul ponte Morandi. Non voglio il risarcimento di un milione. L’anima d’un figlio non si compra”

Un’anima di un figlio non si compra“: si è espresso così Roberto Battiloro, la voce rotta dall’emozione, all’ingresso del Tribunale di Genova.

Battiloro ha dato mandato ai suoi legali di rinunciare a qualsiasi rimborso economico, interessato soltanto ad arrivare a una verità, non solo per sé ma per tutti i familiari delle vittime. E le cifre proposte non le ha mai volute sapere. La famiglia Battiloro ha presentato una perizia di parte con un proprio consulente tecnico che è giunto a conclusioni simili a quelle dei periti del gip: “Vogliamo la verità, c’è stato il dolo e chi ha responsabilità deve essere condannato”, ha detto.

Suo figlio quel 14 Agosto si trovava li con altri 3 amici Matteo Bertonati, Antonio Stanzione e Gerardo Esposito, morti anche loro, mentre erano diretti a Nizza, poi Barcellona, per godersi una lunga vacanza. Le famiglie dei ragazzi morti, tutti originari di Torre del Greco, rifiutarono le esequie di Stato.

Il giorno dei funerali, all’arrivo dei feretri, gli amici avevano esposto uno striscione in cui era scritto: ‘Non esiste perdono senza giustizia’. Da due anni e mezzo, la famiglia Battiloro si batte perché sia fatta giustizia anche per le altre vittime. “Oggi sono qui perché mio figlio, che era un ragazzo di 29 anni, merita l’onore di questa verità”, ha detto Battiloro.

No al risarcimento: “Vogliamo giustizia”

Tanta la generosità ricevuta da parte dei cittadini di Genova ma, a poco serve, visto che l’obbiettivo di questo padre è avere giustizia e punire chi ha è morto a causa di ciò.
.Più volte, Autostrade tramite i propri legali ha cercato di entrare in contatto con la famiglia Battiloro per proporre un risarcimento, ma non c’è stato niente da fare.

L’udienza si è svolta in un tendone allestito in fretta per fronteggiare l’emergenza Covid. In aula non era presente l’ex amministratore delegato di Atlantia e del Gruppo Autostrade, Giovanni Castellucci, uno dei principali indagati, in tutto 73. Tra i reati contestati, vi sono omicidio plurimo colposo, crollo doloso, attentato alla sicurezza dei trasporti e falso. “Non mi risulta che il ponte fosse pericoloso e che andasse chiuso. Autostrade per l’Italia ha fatto e continua a fare investimenti“, fu il commento a caldo di Castellucci dopo il crollo del ponte Morandi.

Per ora, il processo per il crollo di ponte Morandi è ancora in fase di indagini preliminari. La chiusura delle indagini potrebbe esserci tra marzo e aprile con il rinvio a giudizio di molti.

Sandro Ruotolo, volto del giornalismo televisivo, ora senatore, ha lavorato per molti anni con Roberto Battiloro operatore Rai nella sede di Napoli.

Il figlio Giovanni voleva fare il giornalista e impegnarsi per un mondo più giusto. “Ti abbraccio caro Roberto, stiamo tutti con te“, ha scritto Sandro Ruotolo in un post sulla sua pagina Facebook evidenziando come oggi sia stato un giorno cruciale per Roberto Battiloro, tra i pochissimi parenti presente in aula con la figlia, il solo ad aver prodotto una consulenza di parte.


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