Come già tutti sappiamo il sistema pensionistico italiano prevede che, per andare in pensione, senza particolari attenzioni è necessario aver raggiunto l’età pensionabile di 67 anni.
Si tratta dell’età di pensionamento per quanti hanno svolto delle attività lavorative e sono in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
In questo specifico caso naturalmente, sono richiesti un minimo di 20 anni di versamenti contributivi.
Purtroppo però, questa possibilità non viene concessa a tutti: alcuni soggetti, nonostante l’età e la carriera lavorativa, possono trovarsi senza pensione.
Tutti quelli che hanno raggiunto questa età prima del 31 dicembre di quest’anno 2022 percepiranno una pensione dall’INPS con una pensione di importo minimo di 702 euro o di 468 euro, il tutto però posticipando il provvedimento al 2026.
Tutti coloro che hanno 20 anni di versamenti contributivi, e che hanno raggiunto l’età di 67 anni prima del 31 dicembre 2022 hanno la possibilità di interrompere l’attività lavorativa e di accedere al pensionamento.
Per lo meno fino al 2024, le condizioni per la pensione di vecchiaia non dovrebbero essere modificate.
In realtà, tutti coloro che non hanno mai effettuato versamenti contributivi nel sistema retributivo, di conseguenza in data antecedente al 1° gennaio 1996, non riusciranno a raggiungere l’età e i contributi richiesti per la pensione di vecchiaia ordinaria.
A tutti coloro che raggiungono questa età prima del 31 dicembre è richiesto un ulteriore requisito, con ogni probabilità il più gravoso da adempiere.
La pensione dovrebbe essere di almeno 702 euro mensili. Infatti, per quelli che sono definiti contribuenti puri, la pensione di vecchiaia si ottiene solo a fronte di un ammontare pari o superiore a 2,8 volte l’assegno sociale. La somma per l’anno corrente è di 468 euro.
Il legame tra la pensione di anzianità per versamenti dei contributi e, l’assegno sociale è palese nella determinazione del diritto a una pensione esclusivamente contributiva.
Eppure è proprio l’assegno sociale a rappresentare una protezione per quegli svantaggiati lavoratori che non possono accedere alla pensione ordinaria.
Se si hanno 20 anni di versamenti contributivi, ottenere una pensione di 702 euro non è affatto scontato.
In questo caso la diversità risiede nell’inizio del percorso professionale. È evidente che un lavoratore con un inizio di lavoro nel dicembre 1995 si trova in una situazione migliore rispetto a un lavoratore con un inizio di lavoro nel gennaio 1996
Per i primi, infatti, non è previsto un tetto pensionistico minimo da rispettare.
Nel secondo caso, al contrario, questo limite è presente. Quindi, il 31 dicembre, il primo riuscirà a riscuotere la sua pensione, anche se è di appena 700 euro, il secondo invece no.
In questo caso, la sola possibilità consiste nel non usufruire del contributo versato. Nel caso in cui le condizioni di reddito siano sufficienti per l’erogazione dell’assegno sociale, tale lavoratore avrebbe diritto a un’indennità di 468 euro erogati mensilmente.
La pensione di 700 euro a cui avrà effettivamente diritto per i suoi 20 anni di avanzamenti professionali, sarà riportata all’età di 71 anni, cioè nel 2026.
A dicembre di quell’anno questo contribuente potrà lasciare l’assegno sociale e ricevere finalmente la sua pensione, quella conseguente al suo percorso contributivo.
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