Nei prossimi giorni, l’incontro tra governo e sindacati, previsto rispettivamente per il 16 settembre 2020, sarà decisivo per dare risposte certe ad una richiesta importante: l’anticipo dell’età pensionabile per alcune categorie nel 2021 ovvero la proroga in scadenza dell’APE sociale.
Come annunciato in precedenza, la manovra dovrebbe comunque contenere la proroga d’importanti opzioni di flessibilità previdenziale che risultano in scadenza entro il termine dell’anno.
Si cercherà così di estendere l’APE sociale fino alla fine del 2021 consentendo quindi ai lavoratori interessati dalla misura, di poter beneficiare di un’importante salvaguardia davanti a situazioni di disagio lavorativo o personale che rendono difficile raggiungere i criteri ordinari di pensionamento previsti dalla legge Fornero.
Se il Governo non accetta di prorogare l’APE sociale, essa terminerà a Dicembre 2020.
L’APE sociale ricordiamo è un’indennità a carico dello Stato erogata dall’INPS a soggetti in determinate condizioni previste dalla legge che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta in Italia o all’estero. L’indennità è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia
L’APE sociale garantisce 12 mensilità l’anno, con una rata mensile che corrisponderà all’importo della futura pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione. Il legislatore ha fissato però un tetto massimo all’importo pari a 1500 euro. L’indennità parte il primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda di accesso al beneficio.
Il nuovo confronto tra governo e sindacati dovrebbe quindi produrre una nuova estensione della misura almeno per un ulteriore anno, cioè fino al termine del 2021. Questo considerando che dal 2022 è attesa una riforma più ampia del sistema pensionistico, con il termine della quota 100 e l’arrivo di un nuovo meccanismo di tutela che dovrebbe partire dai 62 anni di età.
Al momento l’APE sociale garantisce l’uscita dal lavoro a partire dai 63 anni e con 30-36 anni di versamenti a quattro categorie specifiche di contribuenti: i disoccupati di lungo periodo, i lavoratori con invalidità riconosciuta ad almeno il 74%, i caregiver e i dipendenti che hanno svolto attività gravose o usuranti. Per quest’ultimi sono necessari almeno 36 anni di contribuzione, rispetto ai 30 anni previsti per le categorie precedenti.
Attenderemo di sapere quali altre categorie di lavoratori potranno beneficiare.