Pensioni di invalidità, a chi spettano gli arretrati fino a 5 anni? Una domanda che ci viene posta da molti lettori.
Gli invalidi civili totali con un’età superiore a 60 anni hanno diritto a ottenere fino a 5 anni di arretrati. Ma in quali casi? Scopriamolo.
Come tutti sapranno, ad Agosto 2020 l’assegno della pensione di invalidità pari al 100% è passato da 286 euro a 650 euro.
La sentenza 152 della Corte Costituzionale infatti ha esteso l’aumento delle pensioni anche ai titolari di pensione di inabilità (invalidi civili totali, ciechi civili assoluti e sordi) o di pensione di inabilità fin dal compimento dei 18 anni, senza aspettare i 60.
Ecco cosa era stato riportato, nel documento: “Il requisito anagrafico finora previsto dalla legge è irragionevole in quanto “le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento”, riporta la sentenza.
Di fatto la sentenza ha superato una vecchia legge (la legge n° 448 del 2001 all’articolo n° 38), che prevedeva espressamente che il diritto all’incremento al milione era appannaggio solo di soggetti over 60 di età.
La sentenza però non ha effetti retroattivi: le nuove platee beneficiarie non possono ottenere gli arretrati per i periodi anteriori al 20 luglio 2020, data di entrata in vigore della sentenza. Esiste una categoria di persone che può, invece, chiedere gli arretrati per un periodo massimo di 5 anni. Vediamo chi sono.
La sentenza è entrata in vigore il 20 luglio 2020anno dopo l’emanazione del decreto 104/2020 e gli unici arretrati che erano stati previsti erano quelli successivi all’entrata in vigore della sentenza e fino ad avvenuta erogazione degli aumenti.
In particolare sono stati esclusi i soggetti invalidi totali, ciechi civili assoluti, sordomuti titolari di pensione o titolari di pensione di inabilità al lavoro che al 20 luglio 2020 avevano già superato l’età di 60 anni e che, pertanto, non sono stati riguardati dalla sentenza n. 152/2020. Oggi tale decisione è mutata e ci sono grosse novità.
Tutti coloro che hanno ottenuto l’aumento dell’invalidità civile che è passata da 286 euro a 650 euro, potranno ottenere gli arretrati fino a 5 anni indietro. Questo significa che potranno ricevere la differenza (650-286 ovvero 364 euro da moltiplicare per 12 mesi per 5 anni antecedenti)
Rientrano in questa situazione i soggetti che rispettano le seguenti condizioni:
-possesso di un’età anagrafica superiore ad anni 60 alla data del 20 luglio 2020;
-titolarità di una pensione di invalidità civile totale, della pensione per ciechi civili assoluti o per sordomuti o, ancora, titolarità di una pensione di inabilità al lavoro;
-rispetto dei requisiti reddituali imposti dall’articolo 38 della legge n. 448/2001. In caso di persona celibe il limite di reddito personale è di €. 8.469,63, qualora coniugato invece il limite di reddito è di €. 14.447,42. In questo ultimo caso devono essere rispettati entrambi i limiti, sia quello personale che quello coniugale. E’ importante ricordare che nel calcolo vanno considerati tutti i redditi, anche esenti ai fini irpef; ciò significa che vanno considerati sia l’assegno ordinario contributivo sia quello di invalidità, esclusa invece indennità di accompagnamento.
Per avere diritto all’aumento della pensione di invalidità – spiega l’Inps – sono necessari i seguenti requisiti reddituali:
il beneficiario non coniugato deve possedere redditi propri non superiori a 469,63 euro (pari all’importo massimo moltiplicato per tredici mensilità);
il beneficiario coniugato (non effettivamente e legalmente separato) deve possedere:
– redditi propri di importo non superiore a 8.469,63 euro;
– redditi cumulati con quello del coniuge di importo annuo non superiore a 14.447,42 euro.
Se entrambi i coniugi hanno diritto all’incremento, questo concorre al calcolo reddituale. Pertanto, nel caso in cui l’attribuzione del beneficio a uno dei due comporti il raggiungimento del limite di reddito cumulato, nulla è dovuto all’altro coniuge. Se invece il limite non viene raggiunto, l’importo dell’aumento da corrispondere a un coniuge deve tener conto del reddito cumulato comprensivo dell’aumento già riconosciuto all’altro.
Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad Irpef, sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da Irpef, sia del titolare che del coniuge.
Al contrario non concorrono al calcolo reddituale i seguenti redditi:
-il reddito della casa di abitazione;
-le pensioni di guerra;
-l’indennità di accompagnamento;
-l’importo aggiuntivo di 300.000 lire (154,94 euro) previsto dal comma 7 dell’articolo 70 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
-i trattamenti di famiglia;
-l’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.
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