Il figlio invalido ha il diritto di percepire la pensione di reversibilità del proprio genitore dopo la sua morte? La risposta è si, ma per capire bene chi ne ha diritto, rispondiamo ad un lettore che ci scrive:
“Buongiorno, sono Marco e sono un invalido al 100%. Non lavoro poichè le mie condizioni di salute non me lo permettono. Attualmente vivo con mia madre perchè con 650 euro di pensione di invalidità erogata dall’INPS, non riesco a mantenermi da solo. Mia madre, vedova, percepisce la pensione di reversibilità di mio padre, morto 10 anni fa e in più una piccola pensione personale.
Quando mia madre non ci sarà più, ho il diritto di ottenere la pensione di reversibilità di mia madre? Se si, in quale percentuale? Grazie”.
I figli maggiorenni possono percepire la pensione di reversibilità o la pensione ai superstiti dei propri genitori a condizione che alla morte del dante causa risultino inabili e a carico di quest’ultimo.
Il fattore più importante che deve sussistere per aver diritto alla pensione di reversibilità post mortem del genitore, è che il soggetto sia totalmente inabile al lavoro.
Per inabilità si intende l’ assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa a causa dell’infermità ovvero al difetto fisico o mentale dell’interessato (cfr: in particolare il disposto dell’articolo 2 della legge 222/1984). In sostanza l’inabilità deve riferirsi all’impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, sia di natura subordinata che autonoma, e quindi a disimpegnare ogni e qualsiasi mansione del lavoratore e, di conseguenza, qualsiasi capacità di guadagno.
Bisogna ricordare, inoltre, che lo stato di inabilità deve sussistere al momento della morte del lavoratore o pensionato, a nulla rilevando eventuali aggravamenti dello stato di salute del superstite che siano intervenuti dopo la morte del familiare. Il venir meno dello stato inabilità fa, inoltre, cessare il diritto alla prestazione previdenziale ai superstiti in quanto inabili.
Una ulteriore condizione per il riconoscimento della prestazione previdenziale a favore dei superstiti in favore dei figli inabili maggiorenni, è determinata nella circostanza che, alla data del decesso del dante causa, fossero a suo carico. Tale requisito deve essere accertato attraverso il possesso congiunto di due condizioni: a) la non autosufficienza economica del figlio e; b) dal mantenimento abituale del superstite da parte del dante causa.
Il soggetto invalido che fa richiesta all’INPS per ottenere la pensione del genitore superstite, deve dimostrare di non essere autosufficiente economicamente.
I figli maggiorenni inabili, superstiti devono pertanto dimostrare di non avere un reddito superiore a 17.050 euro annui.
Per i percettori dell’indennità di accompagnamento il predetto limite deve essere aumentato dell’importo dell’indennità stessa. E pertanto il limite di reddito risulta pari a 23.028 euro.
Se il soggetto è coniugato, ai fini della verifica del requisito del carico devono essere anche valutati gli eventuali redditi del coniuge.
Secondo requisito necessario affinchè l’invalido possa pretendere la pensione del genitore dopo la sua morte, è che si possa dimostrare che il dante causa concorreva in maniera rilevante e continuativa al mantenimento del superstite.
Tale condizione si desume dall’effettivo comportamento di quest’ultimo nei confronti dell’avente diritto. Ebbene se il figlio inabile conviveva con l’assicurato (cioè condivideva sia il tetto che la mensa) l’Inps prescinde dalla verifica del mantenimento abituale. Se il figlio non conviveva bisogna invece accertare, anche mediante un esame comparativo dei redditi del dante causa e del superstite, se il primo concorreva effettivamente in maniera rilevante e continuativa al mantenimento del figlio non convivente.
Alla morte del genitore, l’INPS erogherà il 70% della pensione a favore del figlio invalido.