Il sogno di tutti è andare in pensione, il prima possibile, magari con un assegno che soddisfi le nostre esigenze e ci permetta di vivere una vita dignitosa.
Per molti lavoratori, entro la fine del 2022, vi è la possibilità di andare in pensione con Quota 102 oppure usufruire di una misura strutturale del sistema, che non ha scadenza. Ma si tratta di una opportunità per pochi fortunati, perché ha almeno 2 requisiti molto precisi da rispettare.
La pensione a 64 anni è una possibilità che l’INPS concede a chi non ha alcun contributo versato prima del 1996. Si tratta della data che segna lo spartiacque tra il sistema retributivo e il sistema contributivo.
Il primo è quello nel quale le pensioni sono calcolate in base allo stipendio degli ultimi anni di carriera. Il secondo invece è quello in cui le pensioni sono calcolate in base all’ammontare dei contributi versati. Fu la riforma delle pensioni di Lanfranco Dini a determinare questo cambio di rotta.
La pensione a 64 anni è forse l’unico vantaggio che hanno i cosiddetti contributivi puri, che sono proprio i lavoratori che non hanno una anzianità antecedente il 1996.
Infatti, la loro pensione è penalizzata come importo per via proprio del calcolo contributivo. E la pensione viene liquidata solo se raggiunge un determinato importo.
Il vantaggio della pensione a 64 anni per i contributivi puri è evidente, ma non certo facile da sfruttare. La misura si chiama pensione anticipata contributiva. Bastano 64 anni di età e 20 anni di contributi versati.
Oltre alla completa assenza di qualsiasi contributo versato prima del 1996, serve una pensione pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale. Serve perciò una pensione pari ad almeno 1.310,71 euro al mese. Una cosa tutt’altro che facile da centrare con soli 20 anni di contributi.
Per ottenere almeno 1.300 euro di pensione, è necessario un montante contributivo tra i 350.000 ed i 400.000 euro.
Il montante contributivo è il salvadanaio dove confluiscono mese per mese i contributi versati dal lavoratore. Ed i contributi sono versati in linea di massima in misura pari al 33% dello stipendio mensile (aliquota contributiva vigente). Significa che lo stipendio medio annuale per 20 anni di carriera dovrebbe essere stato di almeno 50.000 euro annui. Sarà questo lavoratore che prenderà più di 1.300 euro di pensione.
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