Obbligo vaccinale per gli over 40 o un green pass “pesante” per arrivare a somministrare il vaccino all’80-90% e per evitare nuove ondate di covid in autunno. Sono le soluzioni che propone il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano. “Per avere un autunno-inverno gestibili dovremmo raggiungere una quota di vaccinati il più vicino possibile al 90%, l’80% potrebbe essere l’obiettivo minimo. E visti i numeri attuali (60,7% a ciclo completo, ndr) mi pare difficile arrivarci entro settembre quindi valutare un obbligo per gli over 40 o un green pass pesante, è una questione di buonsenso“, dice.
“Le due opzioni sono queste – afferma Pregliasco – e quella più semplice e più facilmente gestibile mi sembra sia quella dell’obbligo per età che, è un dato oggettivo, è facilmente rintracciabile“. La necessità di una stretta è frutto di “una constatazione: il vaccino è efficace, sta dimostrando di esserlo ancora anche con le varianti, il profilo di sicurezza mi sembra ben consolidato”. “Di sicuro – sottolinea il virologo – è un peccato non avere questo scudo”.
“Quando con la riapertura delle scuole – avverte – ci sarà un altro colpo di coda del virus e torneremo ad avere 10mila contagi al giorno sarà più impegnativo. Avremo due pandemie, quella dei vaccinati e quella dei non vaccinati con caratteristiche diverse in termini di pesantezza degli effetti“. E il rischio, senza un adeguato numero di vaccinati “è che gli ospedali tornino a riempirsi. Magari non avremmo una quinta ondata – conclude Pregliasco – ma è bene prepararsi allo scenario peggiore per poter lavorare e vivere al meglio, in modo più libero e poterci occupare delle altre patologie”.
Si fa largo l’ipotesi di prorogare la durata del green pass, da 9 a 12 mesi. “Il mio green pass sta per scadere, io sono stato uno dei primi a essere vaccinato ma se ci sarà una proroga dovrà essere fatta su un criterio meramente burocratico, non è che si possa valutare con un test. Se non c’è poi la disponibilità della terza dose, non c’è più il green pass e credo che non rimanga altro che una ope legis cioè dire ‘i vaccini durano 12 mesi per legge'”.
“Ad oggi – chiarisce Pregliasco – non c’è una standardizzazione di test e non c’è un livello” di anticorpi “considerato protettivo. Ci sono tecniche diverse, lo stesso campione con tecnologie diverse ha valori quantitativi numerici diversi. Non c’è un dato di riferimento. Si sta studiando, mancano ancora articoli scientifici. C’è bisogno – sottolinea il virologo – di approfondire meglio anche quali tipologie. Perché non c’è solo la quantità di anticorpi, ci sono gli anticorpi neutralizzanti, c’è l’attivazione dei linfociti B che è misurabile quindi bisogna consolidare alcune informazioni. Quando – osserva – se io dico che i miei anticorpi ora sono diventati niente dico una cosa spannometrica: ne avevo di più e ora sono calati moltissimo ma bisogna fare riferimento anche ad analisi eseguite nello stesso modo perché sennò hai degli choc”.
Ma allora quale potrebbe essere il criterio secondo cui stabilire se serve fare o meno la terza dose? “Un fatto storico, un fatto solo tempistico. Ci sono degli studi che dicono che già dopo 5 mesi c’è un calo, diciamo che si attesta sui 9 mesi come valori dai vari articoli ancora senza metanalisi. Ma il dato effettivo lo avremo a un annetto dai primi vaccinati e dai trial clinici, altrimenti è un modello matematico ma non è l’oggettività e l’efficacia sul campo, perché non c’è solo da misurare la quantità di anticorpi ma vedere anche la probabilità di come ti ammali”.