Sabrina ha vissuto un’esperienza terribile a causa di un’operazione che avrebbe dovuto essere di routine. Questa giovane donna di Latina, titolare di un salone di parrucchiere a Terracina e madre di due figlie adolescenti, aveva deciso di sottoporsi all’intervento per rimuovere un tumore benigno presso l’Azienda ospedaliera di Verona, dove le avevano assicurato che non ci sarebbero stati rischi o complicazioni. Tuttavia, il risultato è stato tragico: Sabrina è ora tetraplegica.
“Non avevo che 36 anni, due figlie da crescere e molti sogni… Quel terribile giorno mi hanno portato via tutto, la mia vita è diventata un inferno… Non riuscirò mai ad accettare questa nuova realtà, anche se sono passati quasi sei anni. Sorrido solo per le persone che mi vogliono bene, ma le lacrime sono quelle che ho nel cuore ogni istante di questa maledetta vita…“.
Sabrina Di Girolamo definisce questa situazione “il mio inferno” e nessuno potrebbe descriverla meglio di lei stessa: “La data che ha cambiato per sempre la mia vita, distruggendola, è il 22 agosto 2017. Quando mi sono svegliata dall’anestesia, è iniziato il mio incubo: non potevo muovere le gambe e le braccia, e non le potrò mai più muovere“.
La diagnosi di tetraplegia è stata devastante per Sabrina, lasciandola senza respiro e senza alcuna speranza: “Gravissima tetraplegia, con impossibilità di movimento di tutti e quattro gli arti“.
Il giudice civile del Tribunale di Verona, Luigi Pagliuca, ha emesso una sentenza il 7 dicembre dello scorso anno, riconoscendo a Sabrina e ai suoi familiari (che sono assistiti dai legali Valentina Tirotta, Massimo Dal Ben e Monica Carlisi) un risarcimento-danni complessivo di oltre un milione e 600 mila euro a causa dell’«inferno» che hanno vissuto.
Questo evento, che secondo la magistratura veronese poteva essere evitato, è anche al centro di una causa legale contro due medici che si terrà il 27 aprile. Il neurochirurgo, responsabile dell’intervento chirurgico, è stato rinviato a giudizio per lesioni colpose nell’esercizio della professione sanitaria, mentre l’anestesista, per il quale la Procura scaligera aveva chiesto l’archiviazione, è stato invece obbligato a comparire come imputato.
Il giudice civile che ha stabilito il risarcimento milionario in una sentenza di 46 pagine, ha dichiarato: “È evidente che la posizione della paziente durante l’intervento è stata scorrettamente eseguita, provocando il trauma che ha causato la tetraplegia attuale“.
La sentenza continua a sottolineare che il responsabile della manovra era un semplice specializzando, la cui attività avrebbe dovuto essere supervisionata dal neurochirurgo responsabile dell’operazione. Tuttavia, il neurochirurgo non era presente durante la manovra come sarebbe stato necessario. Questo è stato l’inizio di quello che Sabrina descrive come “il mio inferno”.
L’operazione è stata a due facce: l’asportazione del neurinoma è stata “perfettamente riuscita”, ma gli accertamenti, hanno rivelato immediatamente la presenza di una sofferenza endomidollare acuta, con importante edema.
Il risultato finale è stato che Sabrina è “attualmente e permanentemente impossibilitata a muovere i quattro arti, non è in grado di controllare il tronco e necessita di completa assistenza per la cura della propria persona, essendole interdetto ogni movimento”.
Il caso di presunta malasanità è tutt’altro che chiuso, avvenuto in sala operatoria a Verona il 22 agosto 2017. La vita di Sabrina si è fermata dopo l’operazione: non è nemmeno più in grado di abbracciare le sue bambine e questo la fa soffrire molto, poiché prima dell’operazione era lei a prendersi cura di loro, mentre adesso sono le sue figlie e suo marito a prendersi cura di lei.
Le parole di Sabrina sono molto tristi e le carte processuali descrivono il suo “incubo” in modo freddo ma dettagliato. Dal 2016 al 2017, le è stato diagnosticato un “neurinoma dell’acustico delle dimensioni complessive di circa 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore”: per rimuoverlo, Sabrina si è sottoposta a un intervento chirurgico di “craniectomia retro mastoidea destra che prevedeva la collocazione, in anestesia totale, della paziente in posizione semi seduta con fissaggio della testa su una tastiera a tre punte, leggermente flessa in avanti e ruotata verso destra, posizione in cui la paziente era dovuta permanere per tutta la durata dell’intervento”.