Evan è un dolcissimo bambino di Modica, di soli 21 mesi, ucciso dalla violenza del compagno della madre e probabilmente anche da lei stessa che lo aveva messo al mondo, plagiata da quell’uomo che amava ma che non voleva suo figlio.
Arrivati i referti dai medici che hanno condotto l’autopsia, è emerso che il bimbo è morto a causa di molteplici fratture, botte e ustioni, facilmente osservabili sul suo corpicino.
Tante volte il piccolo è stato portato in ospedale dalla madre: il 27 maggio, il 12 giugno e il 6 luglio e in queste diverse occasioni ha tentato anche di abbandonarlo.
Il 27 maggio – come scrive La Stampa – Letizia Spatola e Salvatore Blanco hanno accompagnato il bambino all’ospedale di Noto; a Evan i medici diagnosticano la frattura scomposta del femore destro, con tumefazioni all’anca e al ginocchio. Il 12 giugno – dopo soli 15 giorni – il bimbo viene riportato in ospedale dalla madre perché le ferite si sono infettate ed ha bisogno di nuove cure; in quel caso, tuttavia, anziché stare accanto al figlio la donna si allontana volontariamente dal pronto soccorso. La stessa cosa avviene il 6 luglio, quando Evan per la terza volta in poche settimane viene accompagnato in ospedale; in questo caso i medici gli rilevano “la frattura della clavicola sinistra”, annotando ancora una volta come la signora Spatola lasciò l’ospedale “allontanandosi volontariamente”.
Sono molti i referti che i magistrati stanno analizzando e sono tutti raccapriccianti; ustioni sulla mano, tagli sull’orecchio, lividi sulla fronte, trauma cranico.
Nel capo d’imputazione il sostituto procuratore Donata Costa evidenzia come tali violenze non siano state estemporanee, bensì sistematiche e costanti. Secondo il magistrato sarebbero state reiterate nel tempo e avrebbero avuto inizio a febbraio 2020 per finire, tragicamente, il 17 agosto, giorno della morte di Evan. Resta ora da capire come sia stato possibile che in sette mesi nessuno tra dottori, carabinieri, polizia e servizi sociali sia intervenuto per togliere il bambino dalle cure dei due adulti che l’hanno ucciso.