Ucraina, grano bloccato nei porti: a rischio la produzione di pasta in Italia. «Scorte solo per un mese, scaffali vuoti, prezzi raddoppiati»
Non bastava solo la pandemia a non farci fare sonni tranquilli, ora arriva anche guerra che, nonostante sia fuori i nostri confini nazionali, avrà una grossa ripercussione sull’economia dell’Italia, a causa degli scambi commerciali che avvengono sia con la Russia che con l’Ucraina.
I nostri maggiori fornitori di gas e grano sono proprio loro pertanto, oltre allo stato di pre-allarme annunciato da Draghi riguardo al gas, giunge notizia da Il Messaggero, che gli italiani corrono il rischio di dover rinunciare alla pasta sulle proprie tavole, perchè sono state bloccate le esportazioni di grano dall’Ucraina, pertanto è a rischio la produzione di pasta.
Scaffali vuoti! Allarme in Italia
«In poche ore è cambiata la struttura di tutto il mercato dei cereali, una cosa sconvolgente che va ben oltre le conseguenze per le singole aziende. Assistiamo attoniti a quello che sembra un film ma che in realtà è uno scenario che si fa perfino fatica a raccontare». A dichiararlo è Antimo Caputo, terza generazione di imprenditori di una delle realtà più note in Italia (e non solo) nel settore delle farine (le producono a Napoli dal 1924), 115 milioni di fatturato lo scorso anno, centinaia di migliaia di clienti e l’export in 70 Paesi di tutto il mondo.
«Non riusciamo a caricare tre navi di grano, già acquistato – parlo di 30-40mila tonnellate – e a farle partire dal porto di Rostov sul mare d’Azov che è lo sbocco marittimo su cui convergono i trasporti di grano provenienti da Ucraina, Russia e Kazakhstan: quell’area è ormai zona di guerra e prendere il mare è vietato.
In Italia, invece, dobbiamo fare i conti con gli scioperi di autotrasportatori autonomi che paralizzano strade e autostrade e impediscono la consegna della merce: se continua così, saremo costretti a bloccare le produzioni (lo ha minacciato anche un colosso della pasta come Divella, ndr). E infine, come se tutto questo non bastasse, le nuove sanzioni annunciate dall’Ue potrebbero provocare il blocco da parte dei russi dell’esportazione del loro grano che per il nostro settore è fondamentale», dice Caputo quasi senza prendere fiato.
E aggiunge: «Oltre tutto, se ci fosse un embargo, non potremmo nemmeno rimettere i pagamenti verso le banche russe: e avendo noi contrattualizzato tempo fa il grano che ci occorre, ne subiremmo per intero le conseguenze».
Mangimi insufficienti
Il problema grano insufficiente non è l’unico motivo, perchè ad esso si aggiunge il rincaro energetico che farà aumentare il costo della pasta anche di quelle aziende che usano solo grano italiano: «Io utilizzo solo grano italiano e non di importazione – dice ad esempio Giuseppe Di Martino, patron del Gruppo che è tra i leader nazionali del settore – ma anche noi temiamo le conseguenze del costo dell’energia. Siamo stati già costretti ad aumenti di 35-40 centesimi al kg, quattro volte più dello scorso anno».
Non solo il grano, ma anche i mangimi arrivano dall’Ucraina e questo rende la situazione ancora più complicata.
«Nel giro di poche settimane l’approvvigionamento della filiera agroalimentare al consumo può diventare impossibile», sostiene Caputo. Difficile dargli torto se si considera che la Russia è il più grande esportatore di grano al mondo e l’Ucraina segue al quarto posto: i due Paesi in guerra coprono insieme il 29% del commercio globale di grano, quasi il 20% delle esportazioni di mais e l’80% delle esportazioni di olio di girasole.
L’Italia l’anno scorso ha importato oltre 120 milioni di chili di grano dall’Ucraina e circa 100 milioni dalla Russia ma i prezzi erano più bassi.
Incertezze pesanti, paura e timore per quello che può accadere: «Non possiamo rivolgerci ad altri fornitori dall’oggi al domani – dice Caputo -, abbiamo le nostre scorte ma se non si recupera la pace potremmo resistere al massimo per un mese, non di più. I prezzi sono alle stelle, gas e petrolio continuano a salire e tutto il comparto molitorio ne sta risentendo già da tempo. C’è troppa tensione sui mercati: questa mazzata dopo due anni di Covid è arrivata proprio mentre stavamo risalendo la china. E anche per questo fa decisamente male».
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