Negli ultimi giorni, a causa del numero di decessi di giovani vaccinati con Astrazeneca, emerge nuovamente il dubbio di quanto questo siero sia sicuro sulla popolazione under 40. Ma cosa pensano medici e scienziati?
Molte regioni italiane hanno organizzato degli “open day” per accelerare le vaccinazioni tra i soggetti che finora non hanno ricevuto neanche una dose, ovvero i giovani sotto i trenta anni: sarebbe un ottima iniziativa se solo venisse fatta con cautela e buon senso. Incrementare la vaccinazione non significa somministrare qualsiasi vaccino, come hanno fatto in queste ore, ma attenersi ai consigli dell’Ema. Era stato dichiarato che il vaccino Astrazeneca e Johnson & Johnson erano destinati solo a chi aveva compito 60 anni e non adatto ai giovani. Quello che è accaduto in Italia, è un’ aperta contraddizione rispetto alle indicazioni dell’Aifa.
La realtà è che queste campagne di vaccinazione sono state organizzate anche per “smaltire” le riserve di Astrazeneca e Johnson & Johnson, considerando che molti rifiutano di vaccinarsi con essi, preferendo il Pfizer.
Ma cosa ne pensano i medici e gli scienziati? Secondo Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), “gli Open day continuano ad andare nella direzione della vaccinazione quantitativa rispetto a quella qualitativa che noi proponiamo, ovvero la possibilità di riportarla verso un atto medico. Questo significa – precisa – un medico che faccia tutte le valutazioni connesse al rischio beneficio e che possa farlo a partire da tutte le caratteristiche specifiche del paziente. E a quel punto, avendolo disponibile, proporgli il miglior vaccino per la sua condizione”. Per fare questo è necessario l’impegno diretto dei medici di famiglia, professionisti che conoscono bene la storia clinica dei pazienti che hanno di fronte.
Anche secondo la professoressa Valeria Poli, ordinaria di Biologia Molecolare all’Università di Torino e presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare (SIBBM), vanno sospese subito le vaccinazioni con AstraZeneca e Johnson & Johnson per gli under 60.
“Il rischio – ha spiegato a Fanpage.it – è che si verifichi una reazione avversa, molto ben documentata dagli scienziati tedeschi soprattutto. Si tratta di una patologia che non ha nulla a che fare con le normali trombosi, quelle provocate per esempio dalla pillola, che in effetti non sembrano aumentate dopo i vaccini. La VITT, trombosi venosa trombocitopenica indotta da vaccino, è una particolare patologia che si è verificata solo con i vaccini AstraZeneca e J&J – mentre su quello russo non sappiamo ancora nulla – e non con i vaccini a mRNA. Si presenta in almeno un caso su 50mila, ma più probabilmente in 2. Può verificarsi quindi in 4 casi ogni 100mila, tra gli under 55, soprattutto nelle donne, per motivi ancora non chiari. Più la fascia di età si abbassa più aumenta la frequenza della VITT, che ha effetti potenzialmente letali, nel 25-30% dei casi”.
Contrari alla somministrazione di vaccini Astrazeneca e J&J ai più giovani anche Massimo Galli e Antonella Viola. Secondo il direttore delle Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano andrebbero il più possibile limitati “alle fasce d’età in cui la possibilità di creare problemi è praticamente nulla”, quindi agli over 60.
Dello stesso avviso l’immunologa padovana: “È sbagliatissimo proporre questi vaccini ai giovani, specialmente alle donne. Sono sempre stata convinta che non bisognerebbe darli a persone di età inferiore ai 55 anni. Per non aver dubbi basta leggere un lavoro uscito sulla rivista Science dove si spiega come man mano che si scende con l’età i rischi di ricevere questi vaccini superano ampiamente i benefici. Nei più giovani il pericolo di avere conseguenze gravi a causa del Covid è invece molto basso. Ecco perché la Francia ha stabilito di limitare i due vaccini a vettore virale agli over 55″.